Siate i benvenuti, cari figli e care figlie accorsi in gran numero per assistere alla glorificazione di Luigi Maria Grignion da Montfort, l’umile sacerdote bretone del secolo di Luigi XIV, la cui breve vita meravigliosamente laboriosa e feconda, ma incredibilmente bersagliata, incompresa dagli uni, esaltata dagli altri, l’ha posto dinanzi al mondo in segno di contraddizione "in signum cui contradicetur" (Lc 2,34). Riformando, senza pensarci, il giudizio dei contemporanei, i posteri l’hanno reso popolare, ma, oltre il verdetto degli uomini, ora interviene l’autorità suprema della Chiesa per decretargli gli onori dei Santi.
Un saluto, prima di tutto, a voi, pellegrini della Bretagna e del littorale dell’Oceano! Voi lo rivendicate come vostro ed è vostro realmente. Bretone per nascita e per educazione, è rimasto bretone di cuore e di temperamento a Parigi, nel Poitou e nella Vandea; tale rimarrà sempre e dovunque fino alla fine, anche negli stessi suoi canti missionari, nei quali, con pia industria — che sembrerebbe, forse, meno felice in un’epoca più critica e più sprezzante, — adattava parole religiose ai motivi popolari del suo paese. Egli è bretone per la pietà, la vita interiore, la vivissima sensibilità, che un delicato riserbo, non esente da qualche scrupolo di coscienza, poteva sembrare, a prima vista, a qualche compagno ed anche a qualche suo superiore, singolarità e goffaggine. Bretone egli è pure per la sua inflessibile dirittura e rude franchezza, che certi spiriti, più compiacenti, più pieghevoli, trovavano esagerata e lo tacciavano malignamente di assolutismo e di intransigenza.
Spiandolo maliziosamente a sua insaputa, osservandolo e udendolo trattare con i piccoli e i poveri, insegnare agli umili e agli ignoranti, più d’uno, poté scoprire con meraviglia sotto le apparenze un po’ scontrose d’una natura ch’egli mortificava e forgiava eroicamente, i tesori d’una ricca intelligenza, di un’inesauribile carità, d’una bontà delicata e tenera.
Chi ha preteso opporlo a S. Francesco di Sales ha dimostrato di conoscere solo in modo molto superficiale, sia l’uno come l’altro. Diversi lo sono, certamente, ed ecco un motivo per dissipare il pregiudizio che tutti i santi siano identici esemplari di un tipo di virtù, fatti tutti sullo stesso modello! Ma non bisogna dimenticare la lotta con la quale S. Francesco di Sales ha mitigato il suo carattere naturalmente aspro, e la squisita dolcezza con cui Luigi Maria aiutava e istruiva gli umili. D’altra parte la faceta amabilità del Vescovo di Ginevra non l’ha potuto sottrarre all’odio e alle persecuzioni dei calvinisti e dei giansenisti, meglio dell’austerità del missionario bretone, e la rudezza focosa dell’uno, come la pazienza dell’altro, messe a servizio della Chiesa, hanno meritato a tutti e due l’ammirazione e la devozione dei fedeli.
La caratteristica propria di Luigi Maria, che fa di lui un bretone autentico, è la tenace perseveranza a perseguire il suo santo ideale, l’unico ideale di tutta la sua vita: guadagnare gli uomini per portarli a Dio. Per il conseguimento di questo ideale, egli ha messo in opera tutte le risorse che aveva dalla natura e dalla grazia, in modo da essere realmente, in ogni campo, — e con che successo! — l’apostolo per eccellenza del Poitou, della Bretagna, e della Vandea; si è potuto scrivere, senza esagerare, che "la Vandea del 1793 era opera delle sue mani".
Un saluto a voi, sacerdoti di tutti i ranghi e di tutti i ministeri della gerarchia ecclesiastica, che portate in cuore il fastidio, l’angoscia, la "tribolazione" di cui parla S. Paolo (Cf 2 Cor 1,8), e che oggi, quasi ovunque, è retaggio di tutti i sacerdoti degni del bel nome di pastori di anime! Il vostro sguardo, come quello di migliaia di confratelli nel sacerdozio, si rivolge con fierezza verso il nuovo Santo ed attinge nel suo esempio fiducia ed ardore. Mediante l’alto concetto ch’egli aveva della sua vocazione sacerdotale e la sua eroica fedeltà a corrispondervi, ha mostrato al mondo il vero tipo — spesso così poco e così mal conosciuto — del sacerdote di Gesù Cristo e ciò che un tal sacerdote è capace di realizzare per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, e per la salvezza stessa della società, quando vi consacra la vita intera, senza riserve, senza condizioni, senza paure, nel vero spirito del Vangelo. Guardatelo; non lasciatevi impressionare dalle apparenze poco attraenti: egli possiede l’unica bellezza che conta, la bellezza di un’anima illuminata, infuocata dalla carità; egli è per voi un modello eminente di virtù e di vita sacerdotale.
Un saluto a voi, membri delle famiglie religiose, di cui Luigi Maria Grignion da Montfort è stato fondatore e Padre! Voi eravate, lui vivente e all’ora della sua morte prematura, solo un impercettibile grano di frumento, ma nascosto nel suo cuore come nelle viscere di una terra fertile, ma nutrito dal succo della sua sovrumana abnegazione, dei suoi meriti sovrabbondanti, della sua esuberante santità. Ed ecco che tale seme è germogliato, cresciuto, si è sviluppato e si è sparso ovunque, senza che il vento della rivoluzione l’abbia fatto morire, senza che le violenti persecuzioni e gli intrighi legali l’abbiano potuto soffocare.
Cari figli e care figlie, restate fedeli alla preziosa eredità lasciatavi da questo grande Santo! Eredità magnifica, che merita che voi, come l’avete fatto fino ad ora, continuiate a donarvi, a sacrificarvi per essa, senza risparmiare forze e vita. Mostratevi credi del suo tenero amore per i figli del popolo; eredi della sua carità per i poveri, ricordandovi che egli si toglieva il pane di bocca per nutrirli, si spogliava dei suoi abiti per coprirli; eredi infine della sua sollecitudine per i bambini, i privilegiati del suo cuore, come lo erano del Cuore di Gesù.
La carità! Ecco il grande, diciamo anzi: l’unico segreto dei sorprendenti risultati della vita così breve, così varia, così movimentata di Luigi Maria Grignion da Montfort. La carità: ecco anche per voi, siatene intimamente persuasi, la forza, la luce, la benedizione della vostra esistenza e della vostra completa attività.
Un saluto, infine, a voi, pellegrini accorsi da vari paesi, e, all’apparenza, così diversi gli uni dagli altri, ma il cui amore verso Maria vi unisce, perché voi tutti vedete in colui che siete venuti ad onorare la guida che vi conduce a Maria e, per Maria, a Gesù! Tutti i santi, senza dubbio, sono stati grandi servi di Maria e tutti Le hanno condotte anime, ma egli è uno di quelli che hanno lavorato più ardentemente e più efficacemente a farla amare e a farla servire.
La Croce di Gesù, la Madre di Gesù: sono i due poli della sua vita personale e del suo apostolato. Per questo, la sua breve esistenza fu piena; il suo apostolato, esercitato in Vandea, nel Poitou, in Bretagna, per dodici anni appena, si perpetua, già da più di due secoli e si estende su numerose regioni. Ciò perché la sapienza, quella Sapienza al cui servizio egli si era consacrato, "ha fatto fruttificare le sue fatiche", ha coronato i suoi lavori che la morte aveva, solo apparentemente, interrotti: "Complevit labores illius" (Sap 10,10). L’opera è tutta di Dio, ma porta anche l’impronta di colui che ne fu il fedele cooperatore; è giusto riconoscerlo.
Il nostro occhio, abbagliato quasi dallo splendore che emana dalla figura del nostro Santo, ha bisogno, per dire così, di analizzare le irradiazioni. Si posa, innanzitutto, sui doni naturali, più esteriori, e rimane meravigliato nel costatare che la natura non è poi stata con lui così avara come potrebbe sembrare a prima vista. Luigi-Maria non possedeva, è vero, la grazia delle fattezze che conquidono e destano subito la simpatia, ma godeva — ed è un bene, in realtà, più apprezzabile, — d’una robustezza fisica che gli permetteva di sopportare grandi fatiche nel suo ministero missionario e di fare, nello stesso tempo, asprissime penitenze. Lungi dal divertirsi ad abbagliare l’uditorio con i facili artifizi della spiritosità, con le fantasmagorie d’una sottile, ricercata eleganza, egli sapeva mettere a portata dei più semplici il tesoro d’una teologia solida e profonda (in questo eccelleva!) e la spendeva in modo da illuminare e convincere le intelligenze, commuovere i cuori, scuotere le volontà con una tale forza persuasiva che induceva alle più coraggiose ed efficaci risoluzioni. Grazie al suo tatto, alla finezza della sua psicologia, egli poteva scegliere e ponderare quello che conveniva ad ognuno e se, per spirito di mortificazione e per dedicarsi totalmente agli studi e alla pietà, aveva rinunciato alle belle arti, per le quali aveva molta inclinazione e belle disposizioni, aveva conservate le ricchezze d’immaginazione e di sensibilità, di cui la sua anima d’artista sapeva usare per produrre nelle anime l’immagine del modello divino. Tutte qualità umane, senza dubbio, ma delle quali egli si serviva per condurre i peccatori alla penitenza, i giusti’ alla santità, gli erranti alla verità, conquistando all’amore di Cristo i cuori inariditi dal soffio gelido ed arido dell’egoismo.
Molto più che sulla sua umana attività, egli faceva assegnamento sull’aiuto divino che invocava con la preghiera. Sempre in moto, sempre a contatto con gli uomini, era, in pari tempo, sempre raccolto, sempre unito con Dio, combattendo, per dir cosi, contro la giustizia severa di Dio, onde ottenere dalla sua misericordia, le grazie vittoriose sui cuori più induriti; come il Patriarca in lotta contro l’angelo, sembrava ripetere, senza interruzione, l’irresistibile preghiera: "Non ti lascerò finché non mi avrai benedetto" (Gen 32,27).
Non ignorava, tuttavia, che, senza la penitenza, l’abnegazione, la mortificazione continua, la preghiera non basta a vincere lo spirito del male: "In oratione et jejunio" (Mc 9,29). E il nostro missionario univa alle fatiche dei più intrepidi apostoli le sante macerazioni dei più austeri asceti. Non ha egli osservato, quasi alla lettera, la consegna data dal Maestro ai suoi inviati: "Non portate nulla per il viaggio, né bastone, né pane, né bisaccia, né denaro, e non abbiate due tuniche" (Lc 9,3)? L’unica sottana che aveva era cosi povera, sdrucita e rattoppata, che i mendicanti, incontrandolo, si credevano in dovere di aiutarlo con le loro elemosine.
Crocifisso lui stesso, era in diritto di predicare, con autorità, il Cristo crocifisso (Cf 1 Cor 1,23). Ovunque, andando contro corrente e contro tutti, costruiva dei Calvari e li ricostruiva, con un’instancabile pazienza, quando lo spirito del secolo, "inimicus crucis Christi" (Fil 3,18), li aveva fatti abbattere. Tracciava un programma di vita, ma più ancora il suo stesso ritratto nella sua lettera Aux amis de la croix, con queste parole: "Un uomo eletto da Dio tra dieci mila che vivono secondo i sensi e la sola ragione, per essere un uomo tutto divino, elevato al disopra della ragione, in tutto opposto ai sensi, mediante una vita e una luce di pura fede e un amore ardente per la Croce".
La grande molla di tutto il suo ministero apostolico, il suo grande segreto per attirare e dare le anime a Gesù è la devozione a Maria. Su questa egli poggia tutta la sua attività; in questa ripone la sua sicurezza; in quell’epoca non poteva trovare arma più efficace. All’austerità senza gioia del giansenismo, al suo terrore tenebroso ed orgoglio opprimente, egli oppose l’amore filiale, fiducioso, ardente, espansivo ed affettivo del devoto servo di Maria, verso Colei cioè che è "il rifugio dei peccatori, la Madre della Grazia divina" (Rituale Romano, Litanie della SS. Vergine Maria), che è "nostra vita, nostra dolcezza e nostra speranza" (Breviario Romano, Antifona Salve Regina). E anche nostra avvocata, la quale, posta tra Dio e il peccatore, tutta si preoccupa per invocare la clemenza del Giudice, onde piegarne la giustizia, e per toccare il cuore del peccatore e vincere la sua ostinazione. Convinto per esperienza sua personale di questo compito di Maria, il missionario affermava, con la pittoresca semplicità tutta sua, che "giammai un peccatore gli aveva resistito dopo che lui lo aveva legato col suo Rosario".
Bisogna inoltre che si tratti di una devozione sincera e leale. L’autore del Trattato della vera devozione alla Santa Vergine distingue con pochi tratti questa autentica devozione da una falsa devozione più o meno superstiziosa, che, col pretesto di qualche pratica esterna e di qualche sentimentalismo superficiale, pretendesse lasciar vivere come ad ognuno talenta e rimanere in peccato, presumendo di ricevere una grazia straordinaria all’ultima ora (Cf S. Luigi Maria Grignion da Montfort, Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, cap. 3).
La vera devozione, quella della tradizione, quella della Chiesa, quella, diremo Noi, del buon senso cristiano e cattolico, tende essenzialmente all’unione con Gesù, sotto la guida di Maria. La forma e la pratica di questa devozione possono variare, a seconda del tempo, dei luoghi e delle inclinazioni personali. Nei limiti della dottrina sana e sicura, della ortodossia e della dignità del culto, la Chiesa lascia ai suoi figli un giusto margine di libertà. D’altronde essa ha coscienza che la vera e perfetta devozione verso la Santa Vergine non è così legata a queste modalità, che alcuna di esse possa rivendicarsene il monopolio.
Ed ecco perché Noi, diletti figli e figlie, Ci auguriamo ardentemente, che sopra le manifestazioni diverse della pietà verso la Madre di Dio e degli uomini, voi attingiate tutti, nel tesoro degli scritti e degli esempi del nostro Santo, ciò che costituiva la base della sua devozione mariana: la sua salda convinzione nella potentissima intercessione di Maria, la sua volontà risoluta di imitare, per quanto gli fosse possibile, le virtù della Vergine delle vergini, l’ardore veemente del suo amore per Lei e per Gesù.
Con l’intima fiducia che la Regina dei cuori vi otterrà dall’Autore di ogni bene questo triplice favore, Noi impartiamo come pegno, a voi, a tutti quelli che vi sono cari, a tutti quelli che si raccomandano alla protezione di S. Luigi Maria Grignion da Montfort e che l’invocano uniti a voi, la Nostra Benedizione Apostolica.
*Pio XII, Discorso pronunziato il giorno successivo a quello della canonizzazione del Beato Luigi Maria Grignion da Montfort. - Testo francese: AAS 39 (1947) 408-413; versione italiana tratta da P. CATTIN, U.T. CONUS, G. BARBERO (a c. di), Le fonti della vita spirituale, vol. 3,
Roma: Ed. Paoline 1964, pp. 543-553.