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Clemente XIV
Cum summi apostolatus


Roma, 12 dicembre 1769
Enciclica

Ai Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi e Primati.

Il Papa Clemente XIV. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

1. Allorché Noi riflettiamo sul carico del supremo Apostolato che Ci è stato imposto, e ne consideriamola gravità ed il peso immenso, non Ci possiamo trattenere, Venerabili Fratelli, dal risentire un’emozione profonda in vista di una missione così sublime e della Nostra personale debolezza. Ci sembra di essere venuti in pieno mare e di essere stati ritirati dalla sicurezza di una vita pacifica, come da un porto sicuro, nel vederci chiamati così d’un tratto a dirigere la nave di Pietro, sbattuta dalle onde e pressoché sommersa dalla tempesta.

Ma questa è opera del Signore, ed è ammirabile ai Nostri occhi. I giudizi imperscrutabili di Dio e non le volontà umane Ci hanno incaricati delle più gravi funzioni dell’Apostolato quando Noi eravamo ben lontani dal pensarvi. Questa persuasione Ci dà piena fiducia che Colui che Ci ha chiamati alle gravose cure del supremo ministero dissiperà i Nostri timori, aiuterà la Nostra debolezza e Ci soccorrerà nella tempesta. Pietro, che deve essere il Nostro modello, fu rassicurato dal Signore che gli rimproverò la sua poca fede quando egli credeva di restare sommerso nel mare.

Colui che nella persona del Principe degli Apostoli Ci ha affidato la cura della Chiesa universale e le chiavi del regno dei cieli, Colui che Ci ha comandato di pascere le sue pecore e di confermare i nostri fratelli, vuole sicuramente che il Nostro spirito non concepisca nessun timore di non ottenere i suoi soccorsi. Egli volle che Noi fossimo mossi più dalla speranza della sua grazia che dall’apprensione della Nostra debolezza.

Noi ci sottoponiamo dunque alla volontà di Colui che è Nostra forza e Nostro sostegno, e confidiamo nella sua fedeltà e nella sua potenza: Egli compirà l’opera che ha cominciato in Noi. Dal Nostro nulla, la grandezza della sua forza e della sua bontà riceverà uno splendore più grande. Se Egli ha pensato, in questi tempi, di servirsi del Nostro ministero e di utilizzare Noi, che siamo un servo inutile, per operare qualche cosa per il bene della sua Chiesa, ciascuno riconoscerà che Egli solo ne è l’autore, e che a Lui solo debbono unicamente essere resi l’onore e la gloria. Noi ci prepariamo dunque senz’altri indugi a sostenere questo gran carico, disposti a porvi tanto maggior zelo in quanto siamo appoggiati sopra un forte sostegno, convinti che l’alta importanza delle funzioni alle quali siamo stati chiamati esige cure e prudenza tali che non possono mai essere troppo grandi.

Allorché continuamente preoccupati della vastità della Nostra amministrazione, gettiamo uno sguardo dall’alto della Sede Apostolica sopra tutto l’universo cristiano, vediamo voi, Venerabili Fratelli, innalzati a posti eminenti e illustri e la vostra vista Ci riempie di gioia. Riconosciamo in voi con la maggiore soddisfazione i Nostri collaboratori, i guardiani del gregge del Signore, gli operai della vigna evangelica. A voi dunque, che dividete le Nostre cure, desideriamo innanzi tutto rivolgere la parola all’inizio del Nostro Apostolato. Nel vostro petto vogliamo diffondere i sentimenti più intimi dell’anima Nostra; e se in nome del Signore vi indirizziamo alcune esortazioni, attribuitele alla diffidenza che abbiamo di Noi stessi e pensate pure che esse procedono dalla fiducia che Ci ispirano la vostra virtù e il vostro amore filiale verso di Noi.

2. In primo luogo, Venerabili Fratelli, Noi vi domandiamo e vi scongiuriamo di non stancarvi mai di pregare Dio che sostenga la Nostra debolezza col suo divino soccorso. Ricambiate così l’amore che abbiamo per voi. Unite alle Nostre preghiere il conforto delle vostre, affinché sostenendoci scambievolmente possiamo essere più costanti e vigili. Dimostreremo per mezzo dell’unione dei cuori quell’unità per la quale noi tutti formiamo un unico corpo, poiché tutta la Chiesa non è che un solo edificio, di cui il Principe degli Apostoli ha posto le fondamenta in questa Sede. Molte pietre unite concorrono a questa costruzione; ma tutte sono appoggiate e sostenute da una sola. Il corpo della Chiesa è uno; Gesù Cristo è il suo capo, ed è in Lui che noi tutti formiamo una sola cosa. Egli ha voluto che Noi, vicario della sua potenza, fossimo elevati al di sopra degli altri, e che Voi, uniti a Noi come al capo visibile della Chiesa, foste le parti principali del suo corpo.

Che cosa può dunque accadere all’uno che non tocchi anche gli altri, e che non colpisca ciascuno di essi? Nello stesso modo, per conseguenza, non vi può essere nulla che reclami la vostra vigilanza e che non sia nel medesimo tempo materia delle Nostre cure e non debba esserci riferita. Nello stesso modo, ancora, Voi dovete pensare che tutto ciò che Ci concerne e tutto ciò che richiede la Nostra attenzione e il Nostro concorso deve interessare in sommo grado Voi medesimi. Noi dobbiamo dunque tutti, tenendo le nostre volontà strettamente unite, essere animati da questo solo e medesimo spirito che, procedendo da Gesù Cristo, nostro capo mistico, si spande in tutti i suoi membri per dispensare loro la vita. Noi dobbiamo fare tutti i nostri sforzi ed applicare principalmente le nostre cure affinché il corpo della Chiesa rimanga senza lesione e senza ferita, e si sviluppi e si fortifichi, lucente di tutte le virtù cristiane, senza rughe e senza macchie.

Quest’opera diverrà possibile con l’aiuto di Dio, se ciascuno di voi si sentirà infiammato di grande zelo per il gregge che gli è stato affidato, e cercherà di allontanare dal suo popolo il contagio del male e le insinuazioni dell’errore, fortificandolo con tutti i soccorsi della santità e della dottrina.

3. Se è mai stato necessario che coloro che sono preposti alla guardia della vigna del Signore siano animati da questi desideri per la salute delle anime, è soprattutto in questi tempi assolutamente indispensabile che essi ne siano convinti e infervorati. Quando mai, infatti, si videro diffondersi ogni giorno, da tutte le parti, opinioni tanto perniciose, tendenti ad affievolire ed a distruggere la Religione? Quando mai si videro gli uomini, sedotti dal fascino della novità e trasportati da una specie di avidità verso una scienza straniera, lasciarsi più follemente attirare verso di essa e cercarla con tanto eccesso? Così Noi siamo ripieni di dolore alla vista di questa pestilenziale malattia delle anime, la quale si allarga e si propaga sventuratamente sempre più di giorno in giorno.

Più il male è grande, Venerabili Fratelli, più Voi dovete attivamente operare ed impiegare tutti i mezzi della vostra vigilanza e della vostra autorità per respingere questa temeraria follia che trabocca ancora nelle cose divine e nelle più sante. Ora, Voi raggiungerete questo risultato, credetelo, non con l’aiuto corruttibile e vano della sapienza umana, ma unicamente con la semplicità della dottrina e con la parola di Dio, più penetrante di una spada a due tagli; allorché in tutte le vostre parole mostrerete e predicherete Gesù Cristo crocifisso, vi sarà facile reprimere l’audacia dei vostri nemici e respingerne i dardi.

Egli ha fabbricato la sua Chiesa come una città santa e l’ha fortificata con le sue leggi e i suoi precetti. Le ha affidato la fede come un deposito che essa deve conservare religiosamente e con purezza. Egli ha voluto che essa fosse il bastione inespugnabile della sua dottrina e della sua verità, e che le porte dell’inferno non prevalessero mai contro di lei. Messi a capo del governo e della custodia di questa santa città, difendiamo dunque gelosamente, Venerabili Fratelli, il prezioso retaggio della fede del nostro fondatore, Signore e Maestro, che i nostri Padri ci hanno affidato in tutta la sua integrità perché lo trasmettiamo puro ed integro ai nostri posteri.

Se indirizziamo i Nostri atti e i Nostri sforzi secondo questa regola che ci tracciano le sante Scritture, e se Noi seguiamo le orme infallibili dei Nostri Predecessori, possiamo essere sicuri di essere muniti di tutti i soccorsi necessari per evitare ciò che potrebbe indebolire e ferire la fede del popolo cristiano e infrangere o dissolvere in qualche parte l’unità della Chiesa.

Soltanto dalle fonti della divina sapienza, sia da quella scritta, sia da quella della tradizione, Noi vogliamo attingere quanto occorre alla fede e al Nostro operare.

4. Questa doppia e ricca fonte di ogni verità e di ogni virtù contiene pienamente ciò che ha rapporto al culto religioso, alla purità dei costumi ed alle condizioni di una santa vita. Da essa Noi abbiamo appreso i doveri della pietà, dell’onestà, della giustizia e dell’umanità; è per essa che noi comprendiamo ciò che dobbiamo a Dio, alla Chiesa, alla patria, ai nostri concittadini e agli altri uomini.

È per tal mezzo che noi riconosciamo che nulla ha più potentemente contribuito a determinare i diritti delle città e della società quanto queste leggi della vera religione. Ecco perché giammai nessuno ha dichiarato guerra alle divine prescrizioni di Cristo, senza turbare, in pari tempo, la tranquillità dei popoli, diminuire l’obbedienza dovuta ai Sovrani e spargere ovunque incertezze. Infatti vi è una grande connessione tra i diritti della potenza divina e quelli della potenza umana; coloro che sanno che il potere dei re è sanzionato dall’autorità della legge cristiana obbediscono loro con prontezza, rispettano la loro potenza e onorano la loro dignità.

5. Tenuto conto che questa parte delle divine prescrizioni è strettamente collegata alla tranquillità dei popoli non meno che alla salute delle anime, Vi esortiamo, Venerabili Fratelli, a porre tutta la Vostra cura nell’ispirare ai popoli – dopo tutto quello dovuto a Dio ed alle sante costituzioni della Chiesa – il legittimo rispetto e l’obbedienza che devono ai re. Questi infatti sono stati posti da Dio in un posto eminente per difendere l’ordine pubblico e contenere i sudditi nei limiti dei loro diritti. Essi sono i ministri di Dio a fin di bene, ed è per questo che portano la spada, vendicatori severi contro chi opera il male. Essi, inoltre, sono i figli amatissimi e i difensori della Chiesa, che debbono amare come loro madre, difendendone la causa e i diritti.

Abbiate dunque cura di far comprendere questo divino precetto a coloro che Voi dovete istruire nella legge di Cristo. Che essi apprendano sin dalla loro infanzia che il rispetto dovuto ai re deve essere fedelmente mantenuto; che essi debbono ubbidire all’autorità e sottomettersi alla legge non solo per timore, ma anche per senso del dovere. Ispirando nei cuori dei popoli non soltanto l’obbedienza ai loro re, ma anche il rispetto e l’amore verso di loro, Voi opererete a favore di due cose che non possono essere disgiunte: la pace dei cittadini ed il bene della Chiesa.

Voi svolgerete ancora più compiutamente la vostra missione se alle preghiere quotidiane per i popoli aggiungerete preghiere particolari per i re, affinché siano sani, dirigano i loro sudditi nell’equità, nella giustizia e nella pace; affinché riconoscano che Dio comanda al di sopra dei loro troni, e piamente e santamente difendano e propaghino la sua causa. Operando in siffatto modo, Voi soddisferete non soltanto alle Vostre funzioni episcopali, ma anche a vantaggio di tutti. Che cosa, infatti, c’è di più giusto e di più conveniente che da parte di coloro che sono preposti alla custodia delle cose sante, nella loro qualità d’interpreti e di ministri, siano offerti a Dio i voti di tutti, pregandolo di sostenere chi tutela la tranquillità di tutti i cittadini?

6. Noi crediamo sia superfluo descrivere qui le altre funzioni del ministero pastorale. A che giova, infatti, enumerare in dettaglio e raccomandarvi cose di cui sappiamo che Voi avete una conoscenza profonda, e nella pratica delle quali siete fortificati per l’uso di ogni giorno e per una certa inclinazione del vostro cuore conforme alle vostre funzioni?

Tuttavia non possiamo tralasciare di ripetervi e di porre davanti ai vostri occhi un consiglio che li riassume tutti: ed è che nell’esercizio della virtù prendiate a modello Gesù Cristo, nostro Capo, Principe dei pastori, e riproduciate in Voi medesimi l’immagine della sua santità, della sua carità e della sua umiltà.

Poiché se Egli, che era lo splendore della gloria del Padre e la figura della sua sostanza, ha consentito a prendere le debolezze della nostra carne, e dallo stato di servitù farci passare, con le sue umiliazioni e col suo amore, a quello di figli adottivi di Dio; se Egli ha voluto che noi fossimo suoi coeredi, potremo noi scegliere un oggetto più nobile e più glorioso nelle nostre meditazioni e nelle nostre fatiche di quello di renderci atti, Noi che siamo gli strumenti pei quali questa unione di uomini a Cristo si mantiene e si opera, ad illuminare col Nostro esempio la via per la quale essi camminano seguendo la bontà, la clemenza e la mansuetudine di questo divino modello? E per qual altra ragione avrebbe Egli salito le altezze della montagna, Egli che evangelizza Sionne? Voi non potete ardere dal desiderio di raggiungere questa somiglianza senza trasmettere ai cuori di tutto il vostro popolo la fiamma che brucia in voi. Certamente sono meravigliose la forza e la potenza del pastore che scuote le anime del suo gregge. Quando i popoli sapranno che tutti i pensieri del loro pastore, tutte le sue azioni sono regolate sul modello della vera virtù, quando lo vedranno evitare tutto ciò che potrebbe sapere di durezza, di alterigia, di superbia e non occuparsi che dei doveri che ispirano la carità, la dolcezza, l’umiltà; allora si sentiranno vivamente animati ad emularlo per conseguire le stesse lodi.

Quando i popoli sapranno che il pastore, dimentico di ogni personale vantaggio, serve agl’interessi degli altri, soccorre i bisognosi, istruisce gl’ignoranti, rincuora tutti con l’impegno, il consiglio e la pietà, e preferisce alla sua propria vita la salute della comunità, allora, dolcemente attirati dal suo amore, dal suo zelo e dalla sua assiduità ascolteranno volentieri la voce del pastore che insegna, esorta e ammonisce, anche se richiama.

Ma come potrà insegnare ad altri l’amore di Dio e la benevolenza verso i suoi fratelli colui che, schiavo tra i lacci e la cupidigia dei suoi interessi privati, preferisce le cose della terra a quelle del cielo? Come mai quegli che aspira alle gioie ed agli onori del mondo potrebbe condurre gli altri al disprezzo delle cose umane? Come potrebbe dare lezioni d’umiltà e di dolcezza colui che si leva nel fasto dell’orgoglio? Voi dunque, che avete ricevuto la missione d’insegnare ai popoli la morale di Gesù Cristo, ricordatevi che dovete soprattutto mettervi ad imitare la sua santità, la sua innocenza, la sua dolcezza. Sappiate che la vostra potenza non apparirà giammai più brillante che quando porterete le insegne dell’umiltà e dell’amore, più ancora di quelle della vostra dignità.

Ricordatevi che è proprio del vostro incarico, e che non appartiene che a Voi di dirigere in questo modo il popolo che vi è stato affidato; è nel compimento di questo dovere che Voi dovete cercare ogni vantaggio ed ogni lode; trascurandolo, non troverete che malore ed ignominia. Non abbiate ambizione per altra ricchezza che per la salute delle anime riscattate col sangue di Gesù Cristo, e non cercate alcuna gloria vera e solida se non propagando il culto divino ed accrescendo la bellezza della casa del Signore, estirpando i vizi, ed applicando tutte le Vostre cure a praticare la virtù con una fedeltà perseverante. Ecco ciò che Voi dovete assiduamente pensare e fare; ecco quello che deve essere l’oggetto della Vostra ambizione e dei Vostri desideri.

7. E non pensate che, nella molteplicità di questo lungo e laborioso esercizio, vi manchi il tempo per esercitarvi alla virtù. Tale è la condizione della Vostra carica, tale è la ragione della vita episcopale, ch’esse non debbano mai veder giungere il riposo né la fine delle loro fatiche. Non possono venire circoscritte da alcun limite le azioni di coloro la cui immensa carità dev’essere senza limiti; mal’attesa della ricompensa infinita ed immortale che Vi è destinata addolcirà ed allevierà facilmente tutte le Vostre pene. Qual cosa, infatti, può sembrare pesante e dura a colui il quale pensa a quella beata ricompensa che il Signore riserva, e che la ragione delle funzioni pastorali reclama per quelli che avranno conservato e moltiplicato il loro gregge?

Ma oltre questa magnifica speranza d’immortalità, Voi proverete ancora una grande gioia pur nel peso delle fatiche della vita pastorale, quando, venendovi Dio in aiuto, vedrete il Vostro popolo unito nei legami di una mutua carità, fiorente nella pietà e nella giustizia, e quando contemplerete tutti gli altri frutti ammirabili che le Vostre fatiche e le Vostre veglie avranno prodotto nella Chiesa.

Piaccia a Dio che Noi possiamo, durante il tempo del Nostro Apostolato, e per il concorso unanime di tutte le Nostre volontà e di tutte le Nostre cure, veder ritornare quella meravigliosa felicità religiosa che fu dell’antica età.

Piaccia a Dio che Noi possiamo, Venerabili Fratelli, rallegrarcene insieme, e goderne in Gesù Cristo nostro Signore! Che questo medesimo Gesù Cristo ci sostenga sempre con la sua grazia e accenda i nostri cuori dell’amore di tutto ciò che gli può piacere!

8. Nello stesso tempo in cui scriviamo questa Lettera a Voi, Venerabili Fratelli, con altra Lettera concediamo a tutti i Cristiani il Giubileo per implorare – secondo la tradizione, all’inizio del Nostro Pontificato – l’aiuto divino per il salutare governo della Santa Chiesa Cattolica.

Chiediamo pertanto a Voi, e Vi supplichiamo, di incitare i popoli affidati alle Vostre cure ad innalzare devote preghiere con fede, pietà e umiltà. Infiammateli con le Vostre esortazioni, con i Vostri consigli e con l’esempio affinché curino sia la propria salvezza, sia i motivi di pubblico vantaggio della Cristianità.

In pegno del Nostro amore, impartiamo a Voi, Venerabili Fratelli, e ai fedeli delle Vostre Chiese, la più affettuosa Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 12 dicembre 1769, nell’anno primo del Nostro Pontificato.


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