Mario Casotti pedagogista cattolico
1. La formazione idealistica
Quando, nel 1924, Mario Casotti viene chiamato da padre Agostino Gemelli (1878-1959), il francescano fondatore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, alla cattedra di Pedagogia nella Facoltà di Magistero
(1) - che terrà per quasi quarant'anni, insieme all'incarico di Storia della Pedagogia nella facoltà di Lettere e Filosofia dello stesso istituto-, l'entourage dei filosofi idealisti raccolti intorno a Giovanni Gentile (1875-1944) ha un sussulto, perchè Casotti è noto come l'enfant prodige (2) dell'attualismo gentiliano.Nato a Roma il 10 giugno 1896, è stato allievo di Gentile nelle università di Pisa e di Roma, quindi si è laureato con lui in filosofia, nel 1919, discutendo una tesi sulla concezione idealistica della storia
(3). A soli venticinque anni è capo redattore delle riviste La nuova scuola italiana e Levana, autorevoli espressioni della "scuola" gentiliana (4), fondate nel 1921 da Ernesto Codignola (1885-1965). Dopo aver insegnato pedagogia a Pisa, quindi a Torino, nel 1923, proprio nell'anno della Riforma Gentile (5), pubblica La nuova pedagogia e i compiti dell'educazione moderna (6), che costituisce un primo ripensamento critico dell'idealismo (7). L'anno seguente si converte al cattolicesimo.
2. La pedagogia come scienza
La conversione del giovane Casotti - dovuta soprattutto a ragioni filosofiche
(8), che illustra nelle Lettere sulla religione (9), del 1925- viene completata con la frequentazione degli esponenti del neotomismo italiano, in particolare di monsignor Amato Masnovo (1880-1955) e di monsignor Francesco Olgiati (1886-1962). Nel 1930 pubblica Maestro e scolaro. Saggio di filosofia dell'educazione (10), risposta teoretica ricca e argomentata di un autore cattolico alle tesi idealistiche - soprattutto quella secondo cui la pedagogia sarebbe parte della filosofia -, nella quale traccia le prime linee di una concezione pedagogica cattolica nello spirito del tomismo, sostenendo che la pedagogia, in quanto scienza pratica, ossia, scolasticamente, recta ratio factibilium, ha di certo campo e metodi propri, e che la filosofia, in quanto scienza teoretica, deve stabilirne i fondamenti e quindi le finalità (11).Sullo stesso argomento segue, nel 1931, La pedagogia di san Tommaso d'Aquino. Saggi di pedagogia generale
(12) - un'attenta esegesi, fra l'altro, di passi del grande filosofo e teologo medievale (1225 ca.-1274) -, mentre, nel 1932, vede la luce l'Educazione cattolica (13), in cui illustra sistematicamente la tesi della pedagogia come teoria e scienza dell'educazione. Partendo dal fundamentum esposto da sant'Ignazio di Loyola (1491-1556) negli Esercizi Spirituali, Casotti mostra che l'educazione trova la sua unità solo nel fine, il quale può e deve fondersi, nell'animo del discente, con tutte le altre materie d'insegnamento: "La cultura sta, dunque, colla educazione cristiana in un rapporto di mezzo a fine e abbraccia, potremmo dire, tutte quelle cose che il fundamentum dichiara per sé indifferenti [...]All'intensa attività didattica
(15) affianca quella scientifica, collaborando alle principali riviste cattoliche specializzate in pedagogia, fra le quali Scuola italiana moderna, del 1925, e fondando, nel 1933, il Supplemento pedagogico, poi Pedagogia e vita, di cui sarà direttore fino alla morte (16).Nel 1937 dà alle stampe Scuola attiva
(17), in cui procede alla confutazione dell'"attivismo", una dottrina educativa ancor oggi base di numerose correnti pedagogiche, che, partendo dall'evidente necessità di una disposizione attiva nell'apprendere finisce con il sostenere che l'educando deve essere agente del suo stesso apprendimento. Dopo un esame dei "trenta punti" della "scuola attiva" di Adolphe Ferrière (1879-1960), Casotti enuncia i requisiti di un attivismo realistico - che consideri, cioè, i limiti dell'intelligenza, la debolezza della volontà, i bisogni dello spirito e la presenza di un finalismo soprannaturale (18) -, passando quindi a documentare la tradizione attivistica cristiana, che sfocia, nella sua incarnazione più recente, nella serenità e nella ricchezza del "metodo preventivo" di san Giovanni Bosco (1815-1888), al quale aveva dedicato una fortunata opera già nel 1934 (19).All'apice della carriera, nel 1942, gli viene affidata la presidenza dell'Istituto Superiore di Studi sull'Educazione Cristiana Paedagogium presso l'Università Cattolica
(20), ma è costretto a sospendere l'attività a causa delle vicende belliche e per la morte del figlio Ruggero (21).Al termine della seconda guerra mondiale riprende a insegnare e dirige la collana L'Educazione. Classici della pedagogia commentati dell'Editrice La Scuola, di Brescia, curando personalmente la pubblicazione di opere di grandi pedagogisti del passato
(22). Nel 1947 edita la Pedagogia generale (23), nella quale svolge in modo organico la problematica educativa e, fra l'altro, esplicita con grande chiarezza a chi spetti il diritto di educare. In proposito afferma che, "[...] nonostante i disperati tentativi di alcuni autori [...] [,] l'uomo esiste come individuo, o come sintesi anima-corpo; mentre la società non ha alcuna consistenza ontologica": da ciò deriva "[...] la condanna di tutte quelle teorie che, idealisticamente o materialisticamente, vorrebbero educare l'individuo come fosse chiamato ad essere solo una "cellula" del corpo sociale, o un "momento dialettico" dello stato" (24). Passa, poi, a definire il ruolo dello Stato, che ha "[...] per obietto, come dicevano gli antichi scolastici, il "bonum commune temporalis" [e] deve, certo, accordare tra loro gl'interessi dei singoli individui, epperò la sua autorità è ordinata a che ciascuno sacrifichi quel tanto dei suoi interessi propri che danneggerebbe gl'interessi degli altri". Infine, precisa che il "[...] moderno stato liberale [...] non ha una sua dottrina da insegnare, né una sua speciale morale da imporre, perché non ha, a questo scopo, né la competenza, né gli organi adatti
3. La polemica con il personalismo
Gli anni 1950 vedono la progressiva introduzione all'interno del mondo cattolico di una cultura "democratica d'ispirazione cristiana", la quale, in campo pedagogico, trova espressione nella corrente detta del "personalismo", nata in Francia con Emmanuel Mounier (1905-1950) e sviluppatasi attorno alla rivista Esprit. Tale corrente - rappresentata in Italia principalmente da Armando Carlini (1878 -1969), da Luigi Stefanini (1891-1956)
26 e da Giuseppe Flores d'Arcais -, si afferma anche per il venir meno dell'egemonia positivistica e idealistica. A ciò si aggiunge la particolare propensione dei personalisti a operare nelle commissioni pluripartitiche deputate alle riforme degli istituti educativi in quanto essi, condividendo alcune moderne correnti filosofiche, sono privi di un adeguato giudizio sul mutato contesto politico. Casotti invece continua a opporsi - come in occasione del Congresso Nazionale di Pedagogia promosso da Paedagogium nel 1949 - a ogni cedimento sul piano dei princìpi. Infatti, pur sostenendo posizioni che al momento si limitano a chiedere una scuola che favorisca la crescita morale e civile degli italiani, egli pensa sempre al completo ritorno all'umanesimo popolare cristiano (27). Con l'avanzare della secolarizzazione pedagogica, l'impegno pubblicistico del docente dell'Università Cattolica si arricchisce della denuncia delle deviazioni e delle aberrazioni dell'attivismo naturalistico di John Dewey (1859-1952), provando il carattere equivoco dei concetti di autoeducazione, di paidocentrismo, di naturalismo e di sociologismo pedagogico (28).Nel 1951 dà alle stampe la nuova edizione dell'Educazione cattolica, ma subisce, anche dal mondo cattolico, i rilievi critici di chi osserva che i suoi giudizi - come per esempio quello su "[...] autori come il Capponi e il Lambruschini [i quali,] a forza di trascurare certi aspetti del Cristianesimo, finirono col negarli di deliberato proposito, dando origine, e in pedagogia e in religione, a quel "minimismo", come ben fu detto, dogmatico che si studia di ridurre quanto più è possibile il soprannaturale"
(29)- implicano princìpi suggestivi ma di difficile attuazione (30).Così, nel 1954, in occasione del primo convegno dell'Istituto Scholé - il Centro di Studi Pedagogici fra Docenti Universitari Cristiani -, ha luogo una sua significativa presa di posizione pubblica verso il personalismo e lo spiritualismo
(31), in polemica con le tesi di Stefanini. Inflessibile sul piano della metafisica (32), egli dichiara l'impossibilità di accettare il personalismo come teoria che limita all'uomo l'oggetto della filosofia. Invece, soltanto una metafisica dell'essere può assicurare alla persona adeguato fondamento, pena il progressivo dilagare dell'esclusivismo psicologistico e sociologico. I successivi sviluppi delle scienze pedagogiche gli daranno ragione, ma anche la Settimana Sociale sui problemi della scuola considerati in relazione al mutare della società italiana - che si svolge a Trento nell'autunno del 1955, a venticinque anni dalla pubblicazione dell'enciclica Divini illius magistri, emanata da Papa Pio XI (1922-1939) nel 1929, allora il documento magisteriale più sistematico (33) - è connotata dal tentativo di modificare l'atteggiamento dei cattolici in campo educativo e scolastico.Nel IV convegno dell'Istituto Scholé, nel 1957, Casotti vince un'altra battaglia, riportando ancora una volta l'attenzione sul tema dei princìpi anziché su quello "sperimentalistico" previsto dal programma. Intervenendo sui Rapporti tra metodologia e didattica, mette in guardia dagli eccessi di quanti sono soliti "plaudire alla "rivoluzione copernicana" o puerocentrica, e scagliarsi ferocemente contro l'"educazione antica""
(34). Tale contrapposizione - secondo il cattedratico - è un falso problema, anzi un vecchio pretesto con il quale gli "[...] "specialisti" si annettono l'educazione. Sarà l'igienista, o il famoso medico americano, o il celebre scienziato, o lo psicologo di turno sulle pagine dei rotocalchi, o il direttore del rotocalco medesimo, o l'illustre sociologo: nella estimazione d'un pubblico sempre più vasto, i veri "competenti" in educazione sono costoro. Nè ciò rimane senza effetto anche presso gli studiosi e cultori qualificati di pedagogia. I quali [...] finiscono [...] quasi subcoscientemente [...] col credersi "antiquati" o superati" (35). Occorre - dichiara ancora una volta - tornare all'unità dell'educazione fondata sulla metafisica aristotelico-tomistica.Negli anni successivi deve accettare l'ingresso di collaboratori seguaci delle nuove teorie pedagogiche nella rivista di cui continua a essere direttore, anche per la chiusura degli ambienti scientifici verso gli allievi della sua "scuola"
(36). Il suo progressivo isolamento nel mondo accademico non ne impedisce il prosieguo dell'attività didattica e pubblicistica (37) che, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), subisce tuttavia l'inevitabile accusa di "integralismo" (38), tanto che la sua morte, avvenuta il 12 luglio 1975 a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, trova spazio soltanto sulla rivista da lui diretta (39).Mario Casotti non lascia solo gli scritti, ma anche la testimonianza di una vita
(40) spesa a proclamare che l'educazione è un processo finalizzato alla conoscenza del vero e alla pratica del bene, unificati nel loro rapporto con l'Essere, cioè con Dio, nell'ambito della pedagogia cristiana.
David Botti
31 maggio 1998
Festa di Maria Regina
Per approfondire: vedi Franco Virginio Lombardi,
"Mario Casotti. Una pedagogia tra metafisica e didattica", in Cesare Scurati (a cura di), "Profili nell'educazione. Ideali e modelli pedagogici nel pensiero contemporaneo", Vita e Pensiero, Milano 1994, pp. 343-355; e Aldo Agazzi, Le scuole nuove e l'attivismo, in AA.VV., Questioni di storia della pedagogia, La Scuola, Brescia 1963, pp. 893-1074; fra le opere di Mario Casotti, vedi "Educazione cattolica", La Scuola, Brescia 1950; e "Pedagogia generale", La Scuola, Brescia 1958-1959.Desidero ringraziare il dott. Sissa, addetto all'ufficio stampa dell'Editrice La Scuola, per la squisita cortesia e la disponibilità dimostratami, specialmente per l'accesso a materiale dell'archivio della stessa editrice. Per approfondire, inoltre, cfr. F. V. Lombardi, la voce Mario Casotti della Enciclopedia pedagogica diretta da Mauro Laeng, La Scuola, Brescia 1989, vol. II, pp. 2326-2334, in cui si afferma che "Fu il più cospicuo rappresentante in Italia del movimento neotomista in pedagogia". Ampi riferimenti sono contenuti in Giovanni Reale, Dario Antiseri, Mauro Laeng, Filosofia e pedagogia dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia 1996, XI ed., vol. III, pp. 788-794). Molto utile l'inquadramento di Casotti nel complessivo sviluppo delle scuole nuove e dell'attivismo fatto da Aldo Agazzi, Le scuole nuove e l'attivismo (cit.), inquadramento tuttavia molto diverso (cfr. p. 1045) da quello del 1954, quando definiva Casotti "Il maestro riconosciuto e più autorevole della critica e della elaborazione pedagogica cattolica italiana sulla base del pensiero di san Tommaso e delle tradizioni dottrinali ed educative del cattolicesimo, è Mario Casotti, il titolare della cattedra di pedagogia dell'Università Cattolica italiana" (Panorama della pedagogia d'oggi, op. cit. p. 258). Una bibliografia - ferma al 1961 - è contenuta in Pedagogia e vita, n. 6, 1961.
Appendice: Stato ed educazione tra Casotti e Maritain
Al fine di chiarire che i riferimenti all'"individuo come base
dell'organizzazione sociale" e la sentenza secondo cui "la società non
ha fondamento ontologico", non implicano che il neotomismo di Mario Casotti fosse
inquinato dal liberalismo, ma che è piuttosto caratterizzato da una terminologia
"divulgativa", si propone il passo seguente, che è la continuazione del brano
sopra citato: "A ciò taluno potrebbe obiettare che noi, così abbiamo considerato
solo il moderno stato liberale o "stato di diritto", come lo chiamano i
giuristi, non il vecchio stato di tipo "assolutista". Rispondiamo che il
caso è, infatti, ben diverso, specie ove si consideri lo stato occidentale di tipo
cattolico, o almeno, cristiano. In esso lo stato si arroga un'autorità più ampia di
quella sopra descritta; ma si osservi che esso se l'arroga, daccapo, non per sé, e in
quanto è stato, sibbene in quanto riconosce sopra di sé, una religione che unisce
governanti e sudditi in un'unica credenza. Governanti e sudditi trovandosi d'accordo,
allora, nel riconoscere una determinata dottrina come rilevata, e una determinata chiesa
come la depositaria e maestra di tale rivelazione, non v'ha nessun dubbio che, anche la
legislazione positiva debba riconoscere tale fatto" (p. 105); "Di questo
non ci si rende conto quando si parla di assolutismo; o, peggio, quando si tenta di
ripristinare, in tempi moderni, la forma e l'autorità dello stato antico. Ben diverso è
l'essere governati da un capo che riconosce, sopra di sé, una legge divina e si
assoggetta ad essa come l'ultimo dei suoi sudditi; e l'esser governati da un capo il quale
crede solo in se stesso e non ammette nulla sopra di sé" (p. 106); "Bisogna
ancora, in sede di teleologia pedagogica, richiamare una distinzione che, oggi, per
effetti del totemismo statalistico, molti tendono a dimenticare. Quello fra stato e
governo. L'uno è la comunità di tutti i cittadini ordinata al bene comune: l'altro è
solo il mezzo di ordinarla, o l'organo dell'ordine. Perché uno stato non sia irrazionale
o tirannico, è necessario che il governo sia solo l'interprete fedele e il buon
amministratore dei bisogni e delle esigenze dei cittadini; non il padrone" (p.
107-108).
A ragione, pertanto, il laico e progressista Raffaele Laporta (1916-vivente) ha potuto
dire del Casotti: "La sua difesa dello Stato laico non è, dal punto di
vista liberale, senza riserve. Come per un marxista lo stato democratico non è che
una via di mezzo alla consumazione, di se stesso in una società socialista, così per il
Casotti lo stato liberale non è che una via alla conquista religiosa, alla confessionalizzazione
della società in vista della civitas Dei" (Raffaele Laporta, Libertà
nella fede, in pedagogia e vita , 5-1974/75, pp. 468-470).
Mi pare dunque da enfatizzare la perfetta coerenza neoscolastica del nostro che, specie se
raffrontata a quella più ambigua - o quantomeno più bisognosa di
"interpretazioni" - di Jacques Maritain, autore spesso presentato come il
campione del neotomismo novecentesco, lo rivela forse come il maggiore pedagogista
neoscolastico del Novecento. Così si esprime, infatti, Maritain sullo stesso tema: "C'è
da sperare che nel mondo di domani il sistema educativo acquisti un'importanza ed una
vastità sempre crescenti e divenga, ancora più di oggi, l'organo di una funzione
fondamentale e decisiva in una comunità conscia della dignità del popolo e dell'avvento
storico dell'uomo dell'umanità comune. Poichè si tratta di materia d'interesse pubblico,
lo Stato non può starsene in disparte, e il suo aiuto come la sua sorveglianza saranno in
conseguenza richiesti. Probabilmente ci saranno molti cambiamenti nel presente stato dei
colleges e delle università. Il numero degli istituti educativi fondati e mantenuti dallo
Stato andrà senza dubbio crescendo. Il che costituisce un processo normale in se stesso.
Ma è necessario che si compia nella libertà e per la libertà, e il rapporto tra Stato e
scuola deve essere rettamente inteso. Ci rendiamo nuovamente conto dell'importanza del
principio pluralista, che accorda ai vari gruppi risultanti dalla libera associazione la
più ampia autonomia possibile e che fonda l'autorità suprema dello Stato sul
riconoscimento dei diritti di questi gruppi. Per quel che riguarda il sistema educativo,
il sistema pluralista implica fondamentalmente la libertà accademica. Esso non solo mette
in luce il diritto di fondare scuole, aperto ad ogni persona qualificata ed in regola con
le leggi dello Stato; ma domanda anche che le diverse istituzioni d'insegnamento siano
libere di associarsi in diverse unioni, o organizzazioni, cui verrebbe impedito dalla
legge di arrogarsi dei diritti sulle libertà fondamentali dei loro membri, ma che
potrebbero stabilire dei regolamenti generali validi per ogni unione. E' mediante accordi
stipulati tra lo Stato e qualche consiglio superiore, formato dai rappresentanti di queste
unioni (comprese le unioni formate dalle scuole e dai colleges statali), che potrebbe
attuarsi ogni giustificabile intervento dello Stato in materia di educazione. Una funzione
importante dovrebbe essere accordata alle associazioni di genitori degli studenti, che
farebbero presenti i loro desideri ai rappresentanti delle organizzazioni educative e che
con le loro proteste potrebbero controbilanciare le pretese avanzate dallo Stato. Dovrebbe
essere presa in considerazione anche la funzione dei sindacati operai e delle altre grandi
organizzazioni economiche o culturali, che potrebbero forse diventare i fondatori e gli
amministratori o trustees di un certo numero di istituzioni d'insegnamento finanziate da
capitali privati (Le vedute qui esposte si riferiscono specialmente al sistema di
educazione americano)". (Jacques Maritain, L'educazione al bivio, La
Scuola, Brescia, 1965, pp. 130-131).
NOTE
(1) La cattedra di pedagogia cui si fa riferimento verrà mantenuta per quasi
quarant'anni. Non ho trovato in alcun luogo la data del suo pensionamento, che potrebbe
essere avvenuto nel 1961 (lo fa pensare la pubblicazione di un numero monografico della
rivista Pedagogia e Vita) o tra il 1966 e 1971 (Gustavo Bontadini dice che "l'insegnamento
di 'fuori ruolo' lo svolse a Castelnuovo Fogliani, per le Suore di quel
Magistero, che gli era particolarmente caro. Poi gli anni, brevi, della pensione",
cfr. Ricordo di un allievo - collega, in Pedagogia e vita, n. 5 del
1974/75).
alla nota di partenza
(2)
"[...] brillantissimo laureato alla Scuola Normale di Pisa, allievo tra i più promettenti di Giovanni Gentile, precoce collaboratore di prestigiose riviste di cultura pedagogica, giovane professore ordinario di una delle poche cattedre di pedagogia delle università italiane, seguace prima e poi principale critico dell'idealismo assoluto" (Cesare Scurati, Didattica fra scuola e pedagogia: Marco Agosti e Mario Casotti, in supplemento a Scuola Italiana Moderna, n. 18 del giugno 1994, p. 28). Conversione clamorosa perchè "[...] un bel giorno, sparì. Dov'era andato? Qualcuno disse d'averlo veduto in un coro monastico. Non fu creduto. Qualche altro assicurò di averlo trovato a servire la Messa in una chiesina di campagna. Fu ritenuto un visionario. Soltanto più tardi queste notizie vennero confermate, quando si seppe che si era convertito, passando dall'idealismo al neotomismo. Ci voleva del coraggio a sottrarsi, in quel momento, al dispotismo idealistico. E il cappello alla biritulliera? E la fusciacca a colori? E le girandole dialettiche? Tutto spento sotto il saio del terz'ordine francescano, ma una nuova filtrava dal suo insegnamento, privo ormai d'esibizionismi culturali e di superbie intellettuali" (Piero bargellini, La sua giovinezza, in Mario Casotti. Memorie e testimonianze, La Scuola, Brescia 1976, p. 9). "Nel 1924 - io ero laureando - 'spuntò su una cattedra dell'Università cattolica', come ebbe a scrivere, per esternare la propria meraviglia, un'illustre collega laicista" (G. Bontadini, Ricordo di un allievo - collega, op. cit.). L'attributo di enfant prodige è dato da Luigi Volpicelli (Una vita sottochiave, in Pedagogia e vita, n. 5 del 1974/75, pp. 477-478). "Con grande divertimento, lessi la recensione che il "pontifex maximus Benedictus", ossia il Croce, dedicò al mio libro comminandogli, ben s'intende, la "messa all'indice" e la "scomunica maggiore" (come sono "clericali" nel peggior senso della parola questi "laicisti" e "anticlericali"!)" (Mario Casotti, Lettere sulla religione, cit. in Maria Rossi, Mario Casotti e la sua opera, in Pedagogia e vita, n. 4, agosto-settembre 1961, p. 500).(8)
"L'abito critico e il ripensamento personale che egli aveva portato nello stesso idealismo, gli furono insoddisfazione crescente verso le tesi fondamentali del sistema, e, tra esse, specialmente la dissoluzione in esso di ogni scienza specifica (e della pedagogia per prima, identificata con la filosofia come dottrina del divenire dello Spirito universale in autosvolgimento) e il dispregio per ogni problema e aspetto di concretezza. Convintosi, alla fine, criticamente, della validità del realismo scolastico-tomista, trovatolo 'più vero' (e solo per questo), ne assunse la concezione della realtà e della vita, maturando così quella 'conversione'" (Aldo Agazzi, Panorama della pedagogia d'oggi, op. cit. p. 259).(10)
Maestro e scolaro. Saggio di filosofia dell'educazione, La Scuola 1943, M-COLL 170-1, (prima edizione Vita e Pensiero, Milano 1930; II La Scuola 1943, III idem 1952). "Maestro e scolaro, la risposta teoreticamente più ricca ed argomentata di un autore cattolico all'idealismo pedagogico" (Giorgio Chiosso, Novecento pedagogico, La Scuola, Brescia 1997, p. 209).(13)
Educazione Cattolica, La Scuola, Brescia 1932 (II ed. 1950, M-COLL 170-S).Scuola attiva, La Scuola, Brescia 1937 (III ed. 1950, J 2076-1). Del 1938 è l'importante Didattica (La Scuola; II ed. rifatta in 2 voll. 1941, pp. 285 - L 3336 o J 2076 in 2 voll. -; III ed. rielaborata nuovamente nel 1956), di cui non è purtroppo possibile riferire a causa della per gran parte eccessiva specificità dell'argomento, e Volere. Lezioni sull'educazione della volontà, tenute ai Delegati Diocesani Aspiranti della Gioventù Italiana di A.C., Villa Sora (Frascati), 1-7 agosto 1937 (AVE, Roma 1938, pp. 86; K 931-2).
(31)
Ibidem. Di questi anni - oltre ai testi segnalati in precedenza - sono L'Essere. Principi e lineamenti di storia della filosofia, due volumi, La Scuola 1949-1950, pp. 215 (M 4924); La pedagogia del Vangelo, La Scuola, Brescia 1953; Esiste la Pedagogia?, La Scuola, Brescia 1953 (pp. 138; O 252-1); L'umanesimo popolare e i nuovi programmi, La Scuola, Brescia 1956.
(33) "Non fu perciò ingiustificata
l'osservazione di chi, alla conclusione dei lavori, parlò di 'mutato atteggiamento' e di
'temperamento di una certa rigidità dei principi di base' (Intervento di Giovanni
Lamberti, Atti parlamentari, Senato, II legislatura, seduta del 22 ottobre 1955, Icas,
Roma 1956, pp. 25-27)" (cit. in G. Chiosso, I cattolici e la scuola dalla
Costituente al centro-sinistra, op. cit., pp. 150-151).
alla nota di partenza
(36)
"Ne ebbe di validi come la Ciribini e la Vassalli, di devoti come altri viventi che non nominiamo; tuttavia non si creò quella che si dice una 'scuola', anche perchè non volle lucrare posti per scolari nella sarabanda dei concorsi accademici da cui rifuggiva" (M. Laeng, Mario Casotti e la sperimentazione in pedagogia, op. cit., p. 468).
(37) Oltre a quanto già citato, escono: Educare la volontà,
La Scuola, Brescia 1957; Educa la famiglia d'oggi?, La Scuola, Brescia 1957; L'arte
e l'educazione all'arte, La Scuola, Brescia 1961; Educazione societaria ed
educazione individuale, (in AA.VV.), La Scuola, Brescia 1965, pp. 216; (N CONS 6718).
(38)
Le accuse vengono ripetute anche in occasione della commemorazione sulla sua rivista: "[...] i lineamenti di quella visione pedagogica cristiana totale - e che si potrebbe anche qualificare, per più aspetti integrista" (Pietro Braido, Mario Casotti e la pedagogia di Don Bosco, op. cit., pp. 462-465); "Tomista integrale, perfino integrista in qualche caso" (Mauro Laeng, Mario Casotti e la sperimentazione in pedagogia, op. cit., pp. 466-468); "[...] presentava lucidamente i principi del suo integralismo cattolico e le applicazioni educative" (Giovanni Maria Bertin, Il coraggio della conservazione, in Pedagogia e vita, n. 5 del 1974/75, pp. 459-460). Più che di integrismo nel caso di Casotti si dovrebbe parlare di "intransigenza" (scrisse anche una Pedagogia di Domenico Giuliotti, in Pedagogia e vita, n. 2, 1955). Nel tormentato periodo postconciliare egli tendeva da un lato a ripetere che "nella storia, ciò che viene prima contiene, "nascosto", ossia in germe, ciò che verrà dopo: e ciò che vien dopo non distrugge, bensì eleva a maggiore chiarezza ciò che era stato prima" (Il Concilio come fatto pedagogico, in AA.VV., L'educazione cristiana dopo il Concilio, a cura di E. Giammancheri, La Scuola, Brescia 1966, p. 195; N 8627), e, dall'altro ad avvalersi spesso del riferimento ad Antonio Rosmini: "Il Rosmini si accorse come il mondo moderno parlasse, attraverso alcune materie, poniamo le letterature e la storiografia, nonché le scienze, un linguaggio in disaccordo, non solo coi principi essenziali del messaggio cristiano, ma anche con quelli della migliore e classica filosofia [...] No, caro Gallitto, non pensiamo che anche la Chiesa prima del nuovo corso, o del più recente "nuovo corso" alla quale io guardavo, sulle tracce del Rosmini, valesse poco o nulla. Perché, tra tante mutazioni e innovazioni, pur utili e legittime, della fase postconciliare, non dobbiamo correre il pericolo di credere (ce ne ha ammonito, or non è molto, lo stesso Pontefice, Paolo VI) che essa, la Chiesa, sia una qualunque invenzione umana e non sia sempre la stessa" (Ritorno al mio libro "Educazione cattolica", in Pedagogia e vita, n. 5, giugno-luglio 1969, p. 464 e 469).Ho controllato tutti i numeri di Vita e Pensiero del 1975 e 1976; "Il mondo della pedagogia forse non s'è neppure accorto, coerente nell'ingratitudine con cui aveva sempre siglato la sua attività e il suo pensiero" (Silvio Riva, La pedagogia cattolica in Mario Casotti, in Mario Casotti. Memorie e testimonianze, op. cit., p. 32). E ciò nonostante che un personalista del calibro di Giuseppe Catalfamo (n. 1921) - che propone un "personalismo senza dogmi" e una didattica creativa alleata dell'"attivismo" (Laeng) -, abbia riconosciuto: "Si può avere l'impressione che [...] si fosse rifugiato nel realismo moderato tomistico e, secondo i canoni di questo, pedissequamente, abbia svolto tutta la sua pedagogia [...] Una tale impressione non è vera. Sì certamente, la sua pedagogia è neoscolastica, ma in essa il Casotti ha trasfuso tutte le istanze della modernità, sicchè Egli, riproponendo una pedagogia "antica", fu un pedagogista decisamente "moderno". [...] Aveva gli occhi assiduamente aperti sul mondo, sugli avvenimenti di ogni giorno, sociali, politici, morali" (Ricordo di Mario Casotti, in Mario Casotti. Memorie e testimonianze, op. cit.)
(40) "Di fronte alla confusione delle
idee del mondo di oggi, di fronte alla conciliazione, più o meno consapevole,
dell'inconciliabile, non si bene per quali motivi, le vecchie scolare, come me, trovano
sostegno alla loro coerenza in quello che è stato l'esempio di coerenza di tutta una vita
permeata dalla fede che non ha mai ceduto né alle lusinghe del mondo, né ai dolori più
grandi che la vita non risparmia a nessuno" (Nella Locatelli, Esempio di
coerenza, in Mario Casotti. Memorie e testimonianze, op. cit., p. 27).
alla nota di partenza