L’arte educativa in Mario Casotti
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Premessa
Mario Casotti nasce a Roma il 10 giugno 1896 e studia a Pisa con Giovanni Gentile (1875-1944) laureandosi con una tesi sulla concezione idealistica della storia. In questa fase, quando pubblica la sua tesi, ampliata e riveduta, Saggio di una concezione idealistica della storia (2), appare tra gli allievi più promettenti del filosofo di Castelvetrano e inizia a collaborare a diverse riviste tra cui Levana, fondata da Ernesto Codignola (1885-1965), scrivendo articoli pedagogici.
In campo educativo, le sue fatiche terrene possono essere riassunte in tre momenti principali. Il primo periodo, breve, è quello che si può collocare nell’ambito dell’idealismo gentiliano, "ma, propriamente parlando, è "idealista" fra virgolette, nel senso, cioè, di una frattura portata nella concezione" come si espresse Aldo Agazzi (1906-2000) [3]. Il momento successivo, è caratterizzato dalla conversione dall’idealismo al tomismo – perfezionato, quest’ultimo, alla scuola di Monsignor Amato Masnovo (1880-1955) - di poco precedente ad un incarico di docente (1924) all’allora appena nata Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, chiamatovi da padre Agostino Gemelli Ofm (1878-1959). Riguardo alla sua fede religiosa essa era stata, invece, già sempre presente: si trattò, semplicemente, di un suo ravvivarsi, come egli stesso ebbe a rilevare: testimonianza di tale periodo la pubblicazione delle Lettere sulla religione nel 1925 (4), un libro che è già ricco di motivi suoi e dove si iniziano a vedere i primi segni, assai peculiari, di una riflessione che rimarrà costante negli anni a venire. Il terzo momento, è, infine, quello della sistematizzazione del suo pensiero in campo pedagogico e didattico.
Tra i tanti frutti fecondi del suo impegno è senz’altro doveroso ricordare la direzione della rivista da lui fondata "Pedagogia e vita" per le edizioni La Scuola di Brescia, presso la quale sono state, peraltro, pubblicate quasi tutte le sue opere.
La sua vita terrena si spegne serenamente a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, il 12 luglio 1975, tra l’indifferenza dei più tanto che sarà commemorato, con una serie di brevi ricordi, dai suoi allievi e colleghi, solo dalla sua stessa rivista (5).
L’arte educativa e la relazione discente-docente
La finalità propria dell’educazione è quella di portare un soggetto umano ad acquisire determinati abiti (habitus) intellettuali e pratici. Arte, ma non nel senso di improvvisa intuizione che a questo termine potevano dare, una volta, un Benedetto Croce (1866-1952) o un Giovanni Gentile oppure, oggigiorno, un qualsiasi impiegato a tempo pieno del conformismo imperante. L’arte dev’essere correttamente intesa, al contrario, secondo l’autore, in senso aristotelico e scolastico, ovvero, detto in altri termini, quale recta ratio factibilium, come "la retta ragione o il retto modo del fare, o delle cose "fattibili" (6). Si deve, difatti, distinguere tra scienze teoretiche dirette al puro conoscere, scienze pratiche, dirette all’agire e scienze poietiche, dirette al fare, concludendo che l’arte educativa è una scienza pratico-poietica (7).
Quest’arte è poi nettamente superiore alle cosiddette "arti belle" quali la pittura e la scultura e per una ragione ben precisa, "per la maggiore eccellenza dell’oggetto ch’essa elabora: gli animi degli adolescenti, cioè degli uomini nell’età evolutiva; non già per il processo adoperato a tal fine, che è, appunto, un "fingere mores", cioè un imprimere nei soggetti educandi, mediante un assiduo lavoro che trova resistenze nella duplice realtà soma-psiche (anche qui, dantescamente, diremmo che, spesso, la "materia" "non s’accorda" "all’intenzion dell’"arte"), la luce del verbo e dell’ideale educativo. Qual lavoro superiore a questo? chiede il Crisostomo [San Giovanni, Ioannes Chrysostomus (345 ca.-407)] (8). Nessuno, certo. Ma non si può compierlo sedendo in poltrona a meditare filosofemi!" (9). Quest’arte è, di conseguenza, l’azione di un soggetto che già possiede gli abiti della scienza e della moralità, su un soggetto che ancora non li possiede, con l’obiettivo di farglieli acquisire (10).
Secondo il tomismo il fine precipuo dell’educazione è, pertanto, la trasmissione degli abiti intellettuali (scienza) e pratici (moralità) necessari all’uomo per dirigersi e condursi nella vita, ovvero alla conoscenza del vero e alla pratica del bene. "Scienza e virtù sviluppando una relazione che il soggetto umano (persona) ha coll’essere (sia come intelletto: vero; sia come volontà: buono); colui (maestro) che s’accinge a promuovere dalla potenza all’atto l’una e l’altra nello scolaro, non fa che promuovere una relazione dello scolaro coll’essere, portandola dalla potenza all’atto, e dall’atto incompleto e imperfetto all’atto completo e perfetto, e, infine, all’abito" (11) .
Il fine dell’educazione si raggiunge principalmente attraverso l’educazione morale dato che il vero non è che la relazione originaria dell’ente coll’intelletto e il buono la relazione dell’ente colla volontà. Il fine dell’educazione conduce, difatti, al libero possesso delle attitudini umane che, prima dell’educazione, il discente aveva solo in "potenza" e che, per mezzo dell’educazione, sono passate ad "atto"; cosicché il formando non ha più bisogno del formatore e riesce ad apprendere da sé migliorando così la propria formazione culturale (12) .
Se intesa in questo senso, il fine dell’arte educativa non può, tuttavia, essere quella libertà astratta ed assoluta della persona in apprendimento che pure tanti approcci così "aggiornati" volevano e ancor oggi vogliono imporre (13). Il bersaglio polemico di Casotti è, innanzitutto, con Jean Jacques Rousseau (1712-1778) e con l’idea di questi che l’educazione debba essere negativa o astensiva: "Uscendo dalle mani dell’Autore delle cose tutto è bene, ma tutto degenera tra le mani dell’uomo" (14). È dal pensatore ginevrino che si fa derivare la "rivoluzione copernicana" in pedagogia, ovvero la centralità assegnata all’alunno che gode di un’eccessiva autonomia (puerocentrismo): del resto, che cosa aveva teorizzato questi? Che compito del docente non è di compiere qualcosa nel discente, ma di preservarlo dalla cultura. Per creare quest’ennesimo "uomo nuovo", che cosa deve, dunque, fare l’educatore? Ha un compito senz’altro impegnativo: impedire che qualcosa sia fatto. Il saper non far niente: alla fine, è questo l’approdo finale e paradossale dell’educazione negativa.
Tali idee, divulgate da Rousseau, sono state successivamente riprese da moltissimi autori che, in vario modo, hanno coniugato la relazione libertà/autorità, ruolo del docente/ruolo del discente. Tra questi: Johann Friedrich Herbart (1776-1841) soprattutto con la sua teoria dell’interesse, secondo la quale l’educazione avviene attraverso una disposizione attiva del soggetto (15); Helen Parkhurst (1887-1973), promotrice del Dalton Plan, un sistema di istruzione individualizzato in cui gli scolari sono i primi agenti del loro apprendimento mediante un contratto siglato da essi stessi con l’istituzione educativa (16); John Dewey (1859-1952) la cui pedagogia sarà tutta incentrata sull’attivismo (17), assieme ai suoi allievi, Carleton Wosley Washburne (1889-1968) [18] e William Heard Kilpatrick (1871-1965) [19]; Bogdan Suchodolski (1903-1992), secondo il quale la socializzazione del processo didattico si fonda sulla centralità dello scolaro "perché i giovani maturino in un mutuo scambio di pensieri, nella fertile discussione, nella partecipazione a lavori in comune" (20).
Grazie a questi e a molti altri autori tali approcci, i quali pongono l’accento su una indefinita libertà del discente, costituiscono oramai quasi un luogo comune non solo nella letteratura corrente ma anche nella pratica pedagogica quotidiana di tutti gli operatori del settore. Questi teorici, al fine di dimostrare l’efficacia delle loro dottrine, riguardo alla disposizione "attiva" della persona in apprendimento, portano sovente l’esempio dell’autodidatta famoso e dell’auto-formazione. Ma anche qualora si portasse questa prova non si ammette però, nello stesso tempo, implicitamente, che l’autodidatta abbia fatto uno sforzo eccezionale? E se ciò fosse vero, come lo è, non se ne dovrebbe trarre, per logica conseguenza, che l’auto-formazione non è la maniera più naturale e normale, più sicura e veloce, di imparare e che, per tale motivo, in generale, valgono ancora i metodi tradizionali di insegnamento? Con Casotti si può, perciò, ragionevolmente sostenere che l’esperienza mostra: "1º Che l’uomo nasce senza la scienza e solo colla possibilità di acquistarla. 2º Che può acquistarla, teoricamente, anche da solo (inventio). 3º Che, però, la via più normale ed efficace di acquistarla, è, per lui, il sottoporsi all’azione di altri esseri umani che già l’abbiano in atto (maestri). 4º Che, in via generale, come apprendiamo dalla psicologia razionale, questo processo educativo avviene in duplice direzione, sia dando, da parte del maestro allo scolaro, nuovi elementi sensibili (segni), sia ricorrendo a quei "principi primi" universali che già sono nella mente dello scolaro stesso, sia, cioè, in senso induttivo, sia deduttivo" (21).
Già papa Pio XI (Achille Ratti, 6.II.1922-10.II.1939) aveva messo in guardia contro l’astrattezza di questa sorta di naturalismo pedagogico, di cui sono imbevute molte delle teorie moderne, le quali a vario titolo "si appellano ad una pretesa autonomia e libertà sconfinata del fanciullo e che sminuiscono o anche sopprimono l’autorità e l’opera dell’educatore, attribuendo al fanciullo un primato esclusivo d’iniziativa ed una attività indipendente da qualsiasi legge superiore naturale e divina nell’opera della sua educazione" (22). Perciò piuttosto di "liberare" gli alunni riescono nell’opera di renderli ancor di più schiavi delle "potenze dell’anima" e di quelle disordinate passioni che vengono sempre giustificate in un processo di razionalizzazione ex-post mentre gli stessi fanciulli, se potessero veramente scegliere a loro piacimento, utilizzerebbero il loro tempo in ben altro modo (23). Non che Casotti non si renda conto, però, dei molteplici aspetti e della non facile composizione di questa problematica: difatti, essa è da lui tanto sentita che egli stesso mostrerà, in modo convincente, che, al di là delle astratte schematizzazioni di Rousseau, la soluzione possa essere proficuamente rintracciata all’interno dello stesso pensiero cattolico, e che tale tematica fosse già al centro delle riflessioni del De Magistro, sia di Sant’Aurelio Agostino (354-430) che di San Tommaso D’Aquino (1225 ca-1274), per non risalire, assai opportunamente come fa Casotti, addirittura al fundamentum ignaziano (24). In definitiva, la stessa pedagogia cattolica è oggi, allora, quanto mai attuale e poche sudditanze dovrebbe mostrare nei confronti di tutti questi approcci che si vogliono così innovatori. In dettaglio, poi, la differenza tra i due De Magistro è "che mentre S. Tommaso si preoccupa solo di stabilire, nella forma scientificamente più rigorosa, la possibilità dell’insegnamento, S. Agostino invece s’interessa soprattutto della sua realtà concreta e positiva" (25).
Ma come avviene, pertanto, il processo per far acquisire ad una persona determinati abiti intellettuali e pratici? La comunicazione, secondo l’insegnamento tomistico, si compie in un duplice modo: nel primo, il docente propone al discente alcuni strumenti e metodologie, dei quali l’intelletto dell’alunno si serve per arrivare al sapere, ad esempio, attraverso alcune proposizioni meno universali che questi può prendere in esame, oppure proponendogli alcuni casi attraverso cui l’intelletto può essere condotto alla conoscenza di verità non note in precedenza. Nel secondo, si aiuta l’intelletto dell’allievo offrendogli l’ordine delle idee e dei giudizi poiché questi potrebbe non avere la capacità di sintesi (vis collativa) appropriata per dedurre le conclusioni dai principi (26). Il docente, di conseguenza, rafforza l’intelletto del discente, non già mediante la trasmissione di qualche virtù "attiva" di natura superiore ma proponendogli, al contrario, l’ordine che vi è tra principi e conclusioni, tra elementi iniziali e quelli finali se mai il suo intelletto non avesse tanta capacità di dedurre le conclusioni dai principi.
L’equilibrio mostrato dal pedagogista si evince anche quando, all’opposto, si vuole eliminare totalmente il ruolo dell’allievo: verso gli orientamenti che tendono, difatti, a far prevalere gli aspetti sociologici rispetto a quelli individuali, per cui l’educazione è opera della società e dello Stato, Casotti concede si, e giustamente, che l’educazione sia ovviamente anche un processo sociale ma tiene ben fermo il punto che il soggetto principale sia la capacità di scelta del discente (27).
Altro aspetto della vis polemica di Mario Casotti è contro la diffusa cultura "contenutistica" ma in realtà enciclopedica-informativa, mentre egli rivaluta, ancora una volta, quella tradizionale: "molto meglio l’antica cultura umanistica, che formava l’alunno, prima saldamente nelle lettere, e, poi, nella filosofia, ottenendone un vero abito di scrivere, esprimersi, pensare; e delle altre discipline dava solo appena quel tanto necessario a non ignorarle o a variare e ravvivare l’interesse dello scolaro (…) mentre colla falsa cultura enciclopedica informativa (…) rimane per tutta la vita incapace di pensare" (28).
In conclusione, si vuole qui brevemente richiamare un ulteriore aspetto dell’opera feconda di Casotti - oltre alla riproposizione, come detto, della dottrina tomista - che è legata alla sistematizzazione della didattica, attività per cui fu chiamato, dal filosofo Armando Carlini (1878-1969), il Lombardo Radice [Giuseppe, 1879-1938] dei cattolici (29). All’interno di quest’opera, che qui non è possibile sintetizzare e vale soltanto a titolo esemplificativo, la lezione tradizionale ricopre un ruolo fondamentale e mantiene ancora intatta tutta la sua importanza (30): in ultimo, si può solamente citare l’affermazione del pedagogista, valida ancor oggi, contro il mnemonismo imperante. "Almeno il programma Gentile imperniava l’insegnamento intorno a una serie di "problemi" (gnoseologico, morale, estetico, ecc.), che, se non altro, gli lasciavano un resto di sistematicità. Ma i ritocchi posteriori furono opera della solita ottusità pedagogica a cui ci hanno abituato gli "specialisti" che Minerva abitualmente consultava nel redigere i programmi scolastici. – Oh vi par possibile studiare un problema e leggere un filosofo senza conoscere tutta la storia della filosofia? E giù, allora, tutta la storia della filosofia, da Talete [prima metà del VI secolo a.C.] ai giorni nostri: ringraziando il Signore che gli specialisti consultati non erano orientalisti, sanscritisti o egittologi: se no avrebbero aggiunto al mazzo le filosofie indiane, orientali ed egizie. Dopodiché, si capisce, a professori e studenti non avanzando più tempo per ragionare, se volevano svolgere il programma, l’insegnamento della filosofia diventava opera di … memoria!" (31).
Conclusioni
Sono ormai trascorsi ventott’anni dalla morte di Casotti, figura di primo piano della moderna pedagogia italiana, appartenente alla corrente della filosofia neoscolastica, che la sua lezione magisteriale è quasi completamente obliata. Che questi sia stato figura di primo piano è fuor di dubbio: valgono qui solo due attestazioni di stima, che si riportano tra tante altre. La prima, di Aldo Agazzi: "il maestro riconosciuto e più autorevole della critica e della elaborazione pedagogica cattolica italiana sulla base del pensiero di San Tommaso e delle tradizioni dottrinali ed educative del cattolicesimo, è Mario Casotti, il titolare della cattedra di pedagogia dell’Università Cattolica italiana". La seconda, di Monsignor Francesco Olgiati (1886-1962): "a me non consta che in altre nazioni la pedagogia cattolica abbia avuto un "maestro" che, come il professor Casotti, abbia saputo illustrare così egregiamente i principi fondamentali della pedagogia, facendola brillare nella dottrina tomistica, con tanto fulgore da dimostrarne l’eterna freschezza, e la perenne vitalità". Eppure, la sua opera, di rigoroso studioso – basti solo pensare alla sistematizzazione della didattica - avrebbe senz’altro meritato di essere ripresa da qualcuno dei suoi molti estimatori, ancor di più in una situazione, quale quella attuale, caratterizzata da un cupo disincanto nei confronti delle categorie della razionalità e permeata, per questo motivo, da un pessimismo di fondo sui limiti della ragione umana. Ma forse, a pensarci bene, una ragione del suo oblio può essere colta se si pensa all’integralità del suo pensiero da non confondersi, purtuttavia, con le inevitabili accuse di integralismo che pure lo accompagnarono negli ultimi anni della sua vita.
Nonostante queste parziali incomprensioni vale ancor oggi la pena di riscoprire Mario Casotti: innanzitutto, per la sua prosa nitida e chiara, una scrittura che conserva, a tutt’oggi intatta, una familiarità e uno stile colloquiale ammirevoli; e ancora, per i principi perenni sempre difesi, fatti propri da chi ha voluto farsi paladino, sino in fondo, di quel "coraggio della conservazione" – così lo chiamò Sofia Vanni Rovighi (1908-1990) – e, su questa linea, di chi è giunto persino ad abbozzare, seppure per sommi capi, la pedagogia di uno scrittore, a lui così caro, quale Domenico Giuliotti (1881-1956), l’"omo selvatico" di Greve nel Chianti, per tanti aspetti simile a lui.
Achille Pierre Paliotta
Isfol, Area Mercato del lavoro
(a.paliotta@isfol.it).
ANNOTAZIONI
1 L’autore desidera ringraziare David Botti, Francesco Pappalardo e Giorgio Faro per i preziosi consigli di cui si è avvalso nella stesura del testo e Carlo Tempestini, e con lui tutto il personale della Biblioteca nazionale centrale di Roma, per la collaborazione mostrata nel reperimento delle opere di Mario Casotti.
2 Mario Casotti, Saggio di una concezione idealistica della storia, Vallecchi, Firenze, 1920.
3 Aldo Agazzi, Interpretazione e significato della pedagogia di Mario Casotti, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, 1961, p.486.
Lo stesso Casotti così ebbe a sintetizzare tale sua iniziale appartenenza: "benché educato alla scuola di Giovanni Gentile, io non fui mai quel che si dice un gentiliano ortodosso; e ciò per la semplicissima ragione che, secondo me, essere tale costituiva una vera impossibilità. L’insegnamento fondamentale di quell’indimenticabile maestro, verso la cui memoria serbo tutt’ora un affetto e una reverenza che non si cancelleranno mai, si poteva, infatti, racchiudere tutto in queste poche parole ch’egli non si stancava di ripeterci: "Pensate colla vostra testa". (…) Qui ricordo che, da scolari, la conclusione più interessante e impegnativa dell’"idealismo attuale" ci pareva questa: dato che la sola realtà è il pensiero, anzi il pensiero mio attuale, ognuno di noi ha l’obbligo di portare a questa costruzione, o "creazione" il proprio contributo, cioè di far progredire la realtà stessa elaborandone una nuova creazione", Autopresentazione (inedita) in Maria Rossi, Mario Casotti e la sua opera, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, 1961, pp.495-496.
4 Mario Casotti, Lettere sulla religione, Vita e pensiero, Milano, 1925. "Con grande divertimento, lessi la recensione che il pontifex maximus Benedictus, ossia il Croce, dedicò al mio libro comminandogli, ben s’intende, la "messa all’indice" e la "scomunica maggiore" (come sono clericali nel peggior senso della parola questi "laicisti" e "anticlericali"!) giustificate dal semplice fatto che in esso si sostenevano tesi diverse da quelle che il Croce stesso e, forse, duecento persone fra Europa e America sostengono e conoscono (a capirle, poi sono, al massimo, alcune decine), e, perciò si decorano del pomposo titolo di "pensiero moderno", nulla ostando a ciò il fatto che milioni di esseri pensanti "moderni", fra cui un non disprezzabile numero appartenente alla chiesa Cattolica, sostengono tesi ben differenti", Autopresentazione (inedita) in Maria Rossi, cit., 1961, p.500.
5 Anche la Rivista di filosofia neo-scolastica pubblicò uno scritto di Franco Virginio Lombardi, per onorare la memoria di Casotti, cfr., Idem, Filosofia e pedagogia nel pensiero di Mario Casotti, "Rivista di filosofia neo-scolastica", a.LXIX, fasc.I, gennaio-marzo, 1977.
6 Mario Casotti, Didattica, La Scuola, Brescia, 1938a, II edizione rielaborata in due volumi 1947, X edizione ancora rielaborata 1956, volume II Le materie di insegnamento, XIV edizione 1967, p.41.
7 "La famosa distinzione fra il poietico e il pratico, etimologicamente derivante dall’uso affine di due verbi greci che indicano egualmente, ma sotto due aspetti diversi, il "fare": il poièin e il pràttein. Pratica è, allora, l’azione, ma in quanto la si guarda solo nella intenzione del soggetto agente e per il perfezionamento di essa (così nella morale: poco importa che il soggetto agente sia riuscito o no nella sua azione; quando l’intenzione era quel che doveva essere, l’azione risulta moralmente perfetta). Poietica è invece, in quanto riguarda non più l’intenzione del soggetto, ma la effettiva produzione, da parte di lui, di un oggetto: la perfezione dell’oggetto prodotto è appunto la misura dell’azione poietica", ibidem, pp.40-41.
"Bisogna riflettere un momento, fuori dai pregiudizi di certe filosofie, al processo nel quale consiste, realmente ogni "arte". Che è sempre questo: 1. la formazione nella mente dell’artista, di un’idea (sia, essa, l’idea di una poesia, di una statua, di un quadro, di un edificio, di una macchina o di un processo terapeutico); 2. la traduzione od esecuzione di quest’idea in un oggetto esterno (sia, esso, una serie di righe nere sulla carta, come in una poesia, o una gigantesca cattedrale e un’intera città come nell’architettura; o, anche, solo un determinato atteggiamento promosso in un vivente organismo, come nella medicina", Mario Casotti, Pedagogia generale, volume I Introduzione e teleologia pedagogica, La Scuola, Brescia, 1958, p.18.
8 "Diceva perciò con ragione San Giovanni Crisostomo: "Che v’ha di Più grande se non governare gli animi, se non formare i costumi dei giovanetti? (Omelia 60 a commento del Vangelo secondo Matteo 18)", Pio XI, Divini Illius Magistri. Lettera enciclica sulla Educazione cristiana della gioventù, data a Roma, presso San Pietro, il 31 dicembre 1929, disponibile all’indirizzo www.vatican.va, p.2 [nostra nota aggiunta].
9 Mario Casotti, Esiste la pedagogia?, La Scuola, Brescia, 1953a, pp.37-38.
10 E ancora, "più esattamente parlando, dovremo dunque dire che l’educazione non è tanto un divenire o uno sviluppo in genere, quanto, piuttosto, un’azione, o, se piace meglio, quello special divenire ch’è un’azione. Azione diretta ai valori trascendentali dello spirito ma compiuta da un soggetto che li ha solo potenzialmente, o è, verso essi, in potenza", Mario Casotti, cit., volume I, 1958, p.39.
11 Ibidem, p.171.
12 "Docens causat scientiam in addiscente, reducendo ipsum de potentia in actum (…). Ad cuius evidentiam, considerandum est quod effectuum qui sunt ab exteriori principio, aliquis est ab exteriori principio tantum; sicut forma domus causatur in materia solum ab arte. Aliquis autem effectus est quandoque quidem ab exteriori principio, quandoque autem ab interiori (…). Et in talibus effectibus sunt duo attendenda. Primo quidem, quod ars imitatur naturam in sua operatione. (…) Secundo attendendum est, quod principium exterius, scilicet ars, non operatur sicut principale agens, sed sicut coadiuvans agens principale, quod est principium interius, confortando ipsum, et ministrando ei instrumenta et auxilia, quibus utatur ad effectum producendum", San Tommaso D’Aquino, Summa Theologica, tr.it. dal testo latino dell’edizione leonina, La Somma Teologica, parte I, volume VII, Il governo del mondo, commento a cura dei Domenicani italiani, Edizioni Studio Domenicano (Esd), Bologna, 1984, q.117, a.1, pp.269-271.
13 "Io, una simile educazione non l’ho mai vista, neanche quando ero alla scuola degli idealisti. Non mi è mai successo di sentirmi dire da Giovanni Gentile: - Caro Casotti, fai pure il comodo tuo, ché farai bene in ogni modo -. Ma, invece, fin dalla prima volta che conobbi quell’indimenticabile e geniale maestro (…) si comportò, in tutto, come uno che volesse, diciamo, "insinuarmi" l’abito intellettuale della scienza filosofica, anzi, della filosofia idealistica e attualistica, coincidente, per lui, col trascendentale "verum". E parve proprio aspettarsi (nonostante la sua violenta critica di questi concetti nel suo Sommario di pedagogia) che dai ripetuti "atti" (recipe: letture continuate di Kant [Immanuel, 1724-1804], Hegel [Georg Wilhelm Friedrich, 1770-1831], ecc.) dovesse formarsi in me l’"abito" filosofico idealistico. Ancora: si comportò come uno che, avendo fisso nella mente un "verbum" (l’idealismo) e innanzi a sé un soggetto (il sottoscritto), volesse imprimere l’uno nell’altro, cioè ottenere un Casotti idealista", Mario Casotti, cit., 1953a, p.66.
14 Jean Jacques Rousseau, Émile ou de l’education, Jean Néaulme, Den Haag (fr. La Haye, NL), 1762; tr.it. di Dina Mc Arthur Rebucci, Emilio o dell’educazione, con una Prefazione, Introduzione e note di Mario Casotti, La Scuola, Brescia, XV edizione 1971.
15 Di questo autore si veda: Johann Friedrich Herbart,, Allgemeine Pädagogik aus dem Zweck der Erziehung abgeleitet, Röwer, Göttingen (DE), 1806; tr.it. di Ignazio Volpicelli, Pedagogia generale derivata dal fine dell’educazione, a cura di Ignazio Volpicelli, La Nuova Italia, Scandicci (FI), 1997.
16 Cfr. Helen Parkhurst, Education on the Dalton Plan, E.P. Dutton, New York (NY), 1922; tr.it. di Enrico Zallone, L’educazione secondo il Piano Dalton, con una Presentazione di Renato Coen, una Introduzione di Thomas Percy Nunn e note di Belle Rennie, La Nuova Italia, Firenze, 1955.
17 Tra le opere più significative cfr. John Dewey, Democracy and Education. An Introduction to the Philosophy of Education,
MacMillan, New York (NY), 1916; tr.it. di Enzo Enriques Agnoletti, Democrazia e educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1949.18 Di questo autore si veda: Carleton Wosley Washburne, Sidney Percy Marland, Winnetka. The History and Significance of an Educational Experiment, Prentice-Hall, Englewood Cliffs (NJ); tr.it. di Olga Devoto, Winnetka. Storia e significato di un esperimento pedagogico, [autore il solo Washburne], La Nuova Italia, Firenze, 1960.
19 Cfr. William Heard Kilpatrick, Philosophy of Education, MacMillan, New York (NY), 1951; tr.it. di Antonio Guccione Monroy, Filosofia dell’educazione, con una Introduzione di Lamberto Borghi (1907-2000), La Nuova Italia, Firenze, 1963; Lamberto Borghi, Il metodo dei progetti. Un capitolo della storia dell’educazione attiva, con testi di William Heard Kilpatrick, La Nuova Italia, Firenze, 1952.
20 Bogdan Suchodolski, Wychowanie dla przyszlosci, Panstwowe Wydawnictwo Naukowe (Pwn), Warszawa (PL), 1947; tr.it. di Janina K. Altszyllerowna e Remo Pedace, Trattato di pedagogia generale. Educazione per il tempo futuro, a cura di Italo Carlo Angle, Armando Armando, Roma, 1964, p.205.
21 Mario Casotti, cit., 1953a, pp.21-22.
22 Pio XI, cit., 1929, p.11.
23 "Sembrerà strano e inammissibile: pure io avevo letto, scritto e ripetuto tante volte alcune verità fondamentali in pedagogia, come che l’insegnamento deve nascere da un problema interno dello scolaro, che insegnar non è far ripetere, ma suscitare e accendere questioni, che l’alunno dev’essere non passivo ma attivo, ecc. ecc.; senza mai preoccuparmi delle conseguenze che simili principi implicavano rispetto al mio insegnamento, sia della filosofia che della pedagogia. Ne derivava ch’io avevo insegnato la filosofia più dinamica e rivoluzionaria nel tono più pantofolaio, pedantesco e mortificante; e stavo insegnando la pedagogia attiva nel modo più passivo e "seduto" immaginabile. "Lo scolaro dev’essere attivo" – mi canticchiavano in coro le mie alunne; e, intanto, la loro unica "attività" consisteva nell’imparare a memoria i miei appunti. "La scuola è libertà e creatività" e intanto, non solo non "creavano" un bel nulla, ma sentivano che, se fossero state davvero "libere", avrebbero fatto del loro tempo tutt’altro uso che stare a tormentarsi per seguire le mie più o meno dotte elucubrazioni", Autopresentazione (inedita) in Maria Rossi, cit., 1961, p.497.
24 "Homo creatus est, ut laudet Deum Dominum nostrum, ei reverentiam exhibeat eique serviat, et per haec (scil.haec agendo) salvet animam suam. Et reliqua super faciem terrae creata sunt propter hominem; et ut eum iuvent in prosecutionem finis, ob quem creatus est. Unde sequitur homini tantum utendum illis esse, quantum ipsum iuvent ad finem suum, et tantum debere eum retrahere se ab illis quantum ipsum ad eum (finem) impediunt", S.P. Ignatii de Loyola [1491-1556], Exercitia Spiritualia, versio litteralis ex autographo hispanico, notis illustrata, auctore R.P. Joanne Philippus Roothaan (1785-1853), Friderici Pustet, Ratisbonae (DE), 1923, pp.51, 59, 64, riportata da Mario Casotti, Educazione cattolica, La Scuola, Brescia, 1932, pp.27-28; cfr. anche Idem, Gli esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola, testo spagnolo e versione italiana, con una Prefazione di Giuseppe Filograssi Sj, con Introduzione e note di Pio Bondioli (1890-1958), Vita e pensiero, Milano, 1944.
25 Mario Casotti, Il "De Magistro" di Sant’Agostino e il metodo intuitivo, in Sant’Aurelio Agostino, De Magistro, tr. dal latino di Adolfo Faggi, a cura di Mario Casotti, La Scuola, Brescia, 1951b, p.XXIX. E ancora, "se si paragonano fra loro le due opere, una cosa salta subito agli occhi: la parte più debole del De Magistro agostiniano è per l’appunto quella dedicata al linguaggio e ai segni verbali. (…) Non gli viene mai in mente che il linguaggio, sotto un certo aspetto inferiore, possa essere, sotto un altro aspetto, superiore alle cose, e rappresentare una esistenza, in un dato senso, più elevata, delle cose stesse", ibidem, p.XXIV.
26 "Ducit autem magister discipulum ex praecognitis in cognitionem ignotorum, dupliciter. Primo quidem, proponendo ei aliqua auxilia vel instrumenta, quibus intellectus eius utatur ad scientiam acquirendam: puta cum proponit ei aliquas propositiones minus universales, quas tamen ex praecognitis discipulus diiudicare potest; vel cum proponit ei aliqua sensibilia exempla, vel similia, vel opposita, vel aliqua huiusmodi, ex quibus intellectus addiscentis manuducitur in cognitionem veritatis ignotae. Alio modo, cum confortat intellectum addiscentis, non quidem aliqua virtute activa, quasi superioris naturae, (…) quia omnes umani intellectus sunt unius gradus in ordine naturae; sed inquantum proponit discipulo ordinem principiorum ad conclusiones, qui forte per seipsum non haberet tantam virtutem collativam, ut ex principiis posset conclusiones deducere. (…) Et per hunc modum ille qui demonstrat, auditorem scientem facit", San Tommaso D’Aquino, cit., parte I, volume VII, q.117, a.1, p.271.
27 "la moralità esiste nella società solo sotto forma di rapporti fra gli uomini, come la scienza esiste nella natura solo sotto forma di rapporti fra fatti ed oggetti. Perché abbia forma di vera moralità, deve esprimersi nell’intenzione di una coscienza; perché abbia forma di scienza, deve essere astratta dallo scienziato o filosofo in un sistema di concetti. Ora, ciò non può avvenire che in una coscienza individuale; ed ecco perché società e natura hanno valore educativo solo se la coscienza del maestro mette in mostra, o fa passare ad atto, nella loro forma specifica di scienza e di moralità, i concetti realizzati nella natura o nei rapporti sociali", Mario Casotti, cit., 1958, volume I, p.46.
28 Ibidem, p.141.
29 Armando Carlini, Recensione a Didattica, "Giornale di metafisica", a.XII, n.1, 15 gennaio-febbraio, 1957, p.135.
30 La lezione espositiva tradizionale mantiene intatti i suoi pregi, uno strumento quasi perfetto seppure con i seguenti limiti: "1º - essa non tiene alcun conto della vera "durata" dell’attenzione nel ragazzo e nel giovinetto; 2º - né dei suoi interessi, delle sue curiosità, dei suoi problemi interni, delle sue obiezioni e difficoltà; il programma stabilisce che oggi si deve parlare del tale argomento e bisogna, volenti o nolenti, parlarne (…); 3º - l’interrogazione e la ripetizione controllano, in realtà, soltanto una cosa, cioè la memoria verbale e riproduttiva dello scolaro; onde il difetto noto come "mnemonismo"; 4º - la parola vi ha una importanza esagerata ed esclusiva; di qui l’accusa di sostituire, per l’alunno, le parole alle idee e alle cose; onde il fenomeno detto "verbalismo", che produce alunni logorroici e chiacchieroni, disadatti alla vita, ovvero portati a cercar di campare alla loro volta, vendendo chiacchiere e fumo; 5º - a questo verbalismo s’associa l’"intellettualismo", essendo la funzione intellettiva l’unica che, oltre alla memorativa, risulta esercitata così in qualche modo dalla lezione tradizionale", Mario Casotti, cit., 1938a, volume I La lezione e la disciplina, pp.15-16.
31 Autopresentazione (inedita) in Maria Rossi, cit., 1961, p.516.
32 Aldo Agazzi, Panorama della pedagogia d’oggi, La Scuola, Brescia, 1958, pp.258.
33 Francesco Olgiati Mons., Il concetto di educazione e di pedagogia, "Supplemento pedagogico", serie XII, n.1, 1950-1951, dicembre, p.19.
34 Cfr. Franco Virginio Lombardi il quale, commentando l’opera Pedagogia generale, pubblicata nel 1947, afferma che seppur "i problemi pedagogico-educativi sono cambiati, e si sono fatti più complessi, e pertanto il discorso del Nostro può essere o può apparire superato, nelle sue articolazioni più immediate; non però nelle sue motivazioni di fondo", Idem, voce Casotti Mario, in Enciclopedia pedagogica, a cura di Mauro Laeng, volume II, voci Cabrini-Duss, La Scuola; Brescia, 1989, p.2.333.
35 David Botti, al riguardo, parla di intransigenza piuttosto che di integrismo, cfr. Idem, Mario Casotti pedagogista cattolico, "Secolo d’Italia", 12 giugno, 1998.
36 Sofia Vanni Rovighi, Il coraggio della conservazione, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, 1974-1975.
37 Mario Casotti, Pedagogia di Domenico Giuliotti, "Pedagogia e vita", serie XVII, n.3, febbraio-marzo, 1956b. Per un profilo di Domenico Giuliotti si rimanda a Massimo Baldini, Giuliotti Cristiano controcorrente, Edizioni Messaggero Padova, Padova, 1996. Tra le sue principali pubblicazioni: Domenico Giuliotti, L’ora di Barabba, con una Prefazione di Antonio Corsaro, a cura di Luigi Castiglione, Logos, Roma, 1982; Giovanni Papini (1881-1956), Domenico Giuliotti, Dizionario dell’Omo Salvatico. Volume primo (A-B), Vallecchi, Firenze, 1923; Domenico Giuliotti, Tizzi e fiamme, a cura di Massimo Baldini, Cantagalli, Siena, 1999; Idem, Pensieri d’un malpensante, a cura di Massimo Baldini, Logos, Roma, 1984; Idem, Nuovi pensieri d’un malpensante, a cura di Massimo Baldini, Logos, Roma, 1985.
Opere di Mario Casotti
1920, Saggio di una concezione idealistica della storia, Vallecchi, Firenze.
1921, Introduzione alla pedagogia, Vallecchi, Firenze.
1923, La nuova pedagogia e i compiti dell’educazione moderna, Vallecchi, Firenze.
1925, Lettere sulla religione, Vita e pensiero, Milano.
1929a, La pedagogia di Raffaello Lambruschini, Vita e pensiero, Milano; II edizione, Raffaello Lambruschini e la pedagogia italiana dell’Ottocento, La Scuola, Brescia, 1943, III edizione 1951.
1929b, Il moralismo di Rousseau, Vita e pensiero, Milano; II edizione, Rousseau e l’educazione morale, La Scuola, Brescia, 1952.
1930, Maestro e scolaro. Saggio di filosofia dell’educazione, Vita e pensiero, Milano; II edizione, La Scuola, Brescia, 1952.
1931a, La pedagogia di San Tommaso D’Aquino. Saggi di pedagogia generale, il volume comprende: La pedagogia di san Tommaso d’Aquino; L’educazione naturale; L’anima della pedagogia; Filosofia, religione e "filosofie" nelle scuole medie; Pedagogia cattolica; L’insegnamento religioso nelle scuole elementari, La Scuola, Brescia.
1931b, Il metodo Montessori e il metodo Agazzi. Saggi di didattica, il volume comprende: Il metodo Montessori; Il metodo Agazzi; La crisi della pedagogia; Il tirocinio; La madre e la maestra; Il lavoro delle madri; Per una nuova organizzazione dell’anno scolastico; Le supplenze; Esami e concorsi, La Scuola, Brescia.
1932, Educazione cattolica, La Scuola, Brescia.
1933, L’insegnamento della filosofia nella scuola media, Vita e pensiero, Milano; II edizione, La Scuola, Brescia, 1954.
1936, Scuola attiva, La Scuola, Brescia, VI edizione 1962 condotta sulla base dell’edizione 1945.
1937a, La pedagogia di Antonio Rosmini e le sue basi filosofiche, Vita e pensiero, Milano; II edizione, La Scuola, Brescia, 1944.
1937b, L’adolescente, in collaborazione con Vito Catalanotti, AVE, Roma.
1938a, Didattica, La Scuola, Brescia, II edizione rielaborata in due volumi 1947, X edizione ancora rielaborata 1956, v.I La lezione e la disciplina, v.II Le materie di insegnamento, XIV edizione 1967.
1938b, Volere. Lezioni sull’educazione della volontà, tenute ai Delegati iocesani Aspiranti della Gioventù Italiana di A.C. [Azione Cattolica], Villa Sora (Frascati), 1-7 agosto 1937, AVE, Roma.
1940, L’insegnamento della filosofia, La Scuola, Brescia, III edizione 1955.
1942, Itinerario per l’esperienza pedagogica, La Scuola, Brescia, III edizione 1955.
1947, Pedagogia generale, La Scuola, Brescia, v.I Introduzione e teleologia pedagogica, v.II Metodologia pedagogica. L’esperienza in pedagogia 1948; IV edizione accresciuta 1958-1959.
1948, Il metodo Montessori e il metodo Agazzi (senza gli altri saggi), La Scuola, Brescia, V edizione accresciuta 1955.
1949, L’essere. Lineamenti e princìpi di storia della filosofia, v.I Da Talete ad Aristotele, v.II Dallo storicismo allo scetticismo 1950, La Scuola, Brescia.
1951a, La pedagogia di S. Giovanni Bosco, La Scuola, Brescia, VII edizione.
1951b, Il "De Magistro" di Sant’Agostno e il metodo intuitivo, in Sant’Aurelio Agostino, De Magistro, tr. dal latino di Adolfo Faggi, La Scuola, Brescia, 1951, pp.VII-XXXIII.
1953a, Esiste la pedagogia?, La Scuola, Brescia.
1953b, La pedagogia del Vangelo, La Scuola, Brescia.
1955a, I capisaldi della pedagogia rosminiana, "Pedagogia e vita", serie XVI, n.5, luglio, pp.397-409.
1955b, Lo spirito cristiano e la pedagogia europea, "Pedagogia e vita", serie XVII, n.1, ottobre, pp.1-17.
1956a, L’umanesimo popolare e i nuovi programmi, La Scuola, Brescia.
1956b, Pedagogia di Domenico Giuliotti, "Pedagogia e vita", serie XVII, n.3, febbraio-marzo, pp.202-208.
1957a, Educa la famiglia d’oggi?, La Scuola, Brescia.
1957b, Educare la volontà, La Scuola, Brescia.
1960, Il metodo educativo di Don Bosco, La Scuola, Brescia.
1961a, Il pensiero pedagogico di padre Gemelli, Vita e pensiero, Milano.
1961b, L’arte e l’educazione all’arte, La Scuola, Brescia.
1973-1974, L’auto-autorità, "Pedagogia e vita", serie XXXV, n.2, dicembre-gennaio 1974, pp.129-140.
1974-1975, Contemplazione della morte, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.479-483.
Studi critici su Mario Casotti
Agazzi Aldo, 1961, Interpretazione e significato della pedagogia di Mario Casotti, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, pp.484-491.
Agazzi Aldo, 1974-1975, In morte di Mario Casotti, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.455-458.
Agosti Marco, 1961, Il preludio di una collaborazione, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, pp.540-558.
Bertin Giovanni Maria, 1989, Pedagogia italiana del novecento autori e prospettive. Giuseppe Lombardo Radice, Mario Casotti, Lamberto Borghi, Riccardo Bauer, Ugo Mursia, Milano, pp.47-84.
Bertin Giovanni Maria, 1974-1975, Il coraggio della conservazione, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.459-460.
Bontadini Gustavo (1903-1990), 1974-1975, Ricordo di un allievo-collega, "Pedagogia e vita",, serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.460-462.
Braido Pietro, 1974-1975, Mario Casotti e la pedagogia di Don Bosco, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.462-465.
Carlini Armando (1878-1969), 1957, Recensione a Didattica, "Giornale di metafisica", a.XII, 15 gennaio-febbraio, n.1, pp.135-138.
Da Racconigi Filiberto Ofm, 1961, La problematica pedagogica secondo Mario Casotti, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, pp.520-539.
Laeng Mauro, 1974-1975, Mario Casotti e la sperimentazione in pedagogia, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.466-468.
Laporta Raffaele, 1974-1975, Libertà nella fede, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.468-470.
Lombardi Franco Virginio, 1963, Mario Casotti la pedagogia della neoscolastica, "Orientamenti Pedagogici", a.X, n.3, maggio-giugno, pp.472-491.
Lombardi Franco Virginio, 1977a, Filosofia e pedagogia nel pensiero di Mario Casotti., "Rivista di filosofia neo-scolastica", a.LXIX, fasc.I, gennaio-marzo, pp.103-118.
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Lombardi Franco Virginio, 1985, Pedagogia e sperimentalismo nel pensiero di Mario Casotti, "Orientamenti Pedagogici", a.XXXII, n.2, marzo-aprile, pp.279-292.
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Lombardi Franco Virginio, 1989, voce Casotti Mario, in Enciclopedia pedagogica, a cura di Mauro Laeng, volume II, voci Cabrini-Duss, La Scuola; Brescia, p.2.326-2.334.
Olgiati Francesco Mons. (1886-1962), 1950-1951, Il concetto di educazione e di pedagogia, "Supplemento pedagogico", serie XII, n.1, dicembre, pp.3-22.
Peretti Marcello, 1974-1975, La convivialità di Mario Casotti, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.470-472.
Petrini Enzo, 1974-1975, Della poeticità filosofica, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.472-474.
Rossi Maria, 1961, Mario Casotti e la sua opera, "Pedagogia e vita", serie XXIII, n.6, agosto-settembre, pp.495-496.
Scurati Cesare, 1977, Profili nell’educazione. Ideali e modelli pedagogici nel pensiero contemporaneo, edizione 1991 interamente ristrutturata nell’impostazione con ampie aggiunte, modifiche, aggiornamenti; II edizione 1996, in collaborazione con Luciano Caimi, Ferruccio Deva, Carlo Fedeli, Franco Virginio Lombardi, Luigi Pati, Vita e pensiero, Milano.
Titone Renzo, 1974-1975, Una didattica trascendente idealismo e positivismo, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.474-475.
Vanni Rovighi Sofia (1908-1990), 1974-1975, Il coraggio della conservazione, "Pedagogia e vita",, serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.475-476.
Volpicelli Luigi (1900-1983), 1974-1975, Una vita sottochiave, "Pedagogia e vita", serie XXXVI, n.5, giugno-luglio, pp.477-478.