e la libertà d'educazione in Italia
nella prima metà del Novecento
(Articolo apparso - senza note - su Il Secolo d'Italia del 10-7-1997, col
titolo Mario Barbera (1877-1947) pedagogista cattolico)
La storia delle istituzioni educative in Italia solitamente trascura il
ruolo delle componenti culturalmente oggi non omologabili, finendo così per ridursi a
pubblicistica unilaterale e ideologicamente orientata. In particolare, lo scarso rilievo
attribuito ai cattolici - per buona parte del Novecento sociologicamente maggioritari -,
oltre a confermare la tesi enunciata, finisce col privare quanti desiderano opporsi
all'attuale stato di cose della conoscenza di fatti e avvenimenti determinanti per la
comprensione del presente. Tra i personaggi solitamente trascurati dalla storiografia
educativa, particolare rilievo merita padre Mario Barbera della Compagnia di Gesù che,
dalle colonne dell'influente rivista La Civiltà Cattolica, ha espresso giudizi e
direttive per l'azione in campo educativo dal 1910 al 1947.
1. La vita
Mario Barbera
(1) nasce il 17 aprile 1877 a Mineo, in provincia di Catania, quarto dei dieci figli
di un noto medico-chirurgo locale. Frequenta il ginnasio di Caltagirone e nel settembre
del 1891 entra nel noviziato della Compagnia di Gesù, che la Provincia Sicula aveva
allora a Notabile, nell'isola di Malta, emettendo i voti nell'aprile del 1894. Completati
gli studi letterari, viene consacrato sacerdote nel 1905, quindi consegue la laurea in
teologia e in lettere e il diploma in lingua francese. Nel 1910 viene chiamato alla
redazione della rivista La Civiltà Cattolica - del cui Collegio degli Scrittori
entra così a far parte - dove resterà fino alla morte scrivendo centinaia di articoli,
di rassegne e di recensioni (2).
Nei primi tempi si dedica prevalentemente alla narrativa, scrivendo romanzi e novelle con
intenti educativi, quindi si orienta verso le questioni pedagogiche e didattiche. Nei suoi
frequenti viaggi di studio in Europa e negli Stati Uniti d'America visita scuole e centri
culturali, partecipa a congressi e segue sia i nuovi indirizzi pedagogici sia le diverse
politiche scolastiche, tanto da diventare il massimo esperto dei problemi educativi della
rivista dei gesuiti, continuando l'opera di padre Gaetano Zocchi S.J. (1846-1912) 3 . I saggi di padre Barbera -
che si richiama alla scuola del gesuita Luigi Taparelli d'Azeglio (1793-1862) e del
sociologo cattolico contro-rivoluzionario Frédéric Le Play (1806 -1882)4 - spaziano dall'esposizione dei princìpi filosofici
e di diritto naturale, su cui si fonda ogni discorso pedagogico, all'analisi di
provvedimenti legislativi in Italia e all'estero (5); dalla segnalazione di opere e di pedagogisti
meritevoli (6) alla
critica delle teorie educative rivoluzionarie; dalla difesa dell'eredità didattica
classico-cristiana all'apologia dei santi educatori. Dal 1929 - l'anno della pubblicazione
del più importante documento pontificio in tema educativo, l'enciclica Divini illius
magistri, di Papa Pio XI (1922-1939)- è consultore della Sacra Congregazione
del Concilio e, quindi, della Consulta tecnica dell'Ufficio Scolastico Centrale per gli
Istituti di Istruzione e di Educazione dipendenti dall'autorità ecclesiastica, costituito
presso la Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi (7).
Muore a Roma, il 5 novembre 1947, mentre si reca a portare del pane a famiglie bisognose.
2. Il periodo "liberale"
I primi articoli di padre Barbera in materia di politica scolastica - inizialmente non
firmati per evitare le ritorsioni di cui erano talora vittime gli scrittori cattolici
(8) - sono pubblicati nel
periodo di massima pressione laicista sul popolo italiano, quello precedente l'importante
vittoria elettorale cattolico-conservatrice del 1913 (9).
Fin dal primo intervento - sulla legge n. 487 del 1911, firmata dal ministro massone
(10) Luigi Credaro
(1860-1939), che disponeva l'avocazione allo Stato della scuola elementare -, denuncia "[...]
la tendenza alla statizzazione della scuola" (11), quindi, nella cronaca Di un'agitazione
nazionale per la libertà della scuola - relativa a un Convegno pro schola svoltosi
ad Assisi -, auspica "[...] una crociata nazionale [...] per
rivendicare quei diritti conculcati, che sono anche diritti della coscienza, della fede,
del verace patriottismo" (12).
Nel 1921 interviene per criticare le misure vessatorie nei confronti dei renitenti
all'istruzione obbligatoria proposte da Benedetto Croce (1866-1952) e sostenute solo dal
Partito Popolare Italiano (13): "Sin dai tempi della Rivoluzione francese,
lo Stato moderno si vanta di aver introdotto nella civile convivenza l'obbligo
dell'istruzione, quasi che per l'innanzi non fosse esistito per diritto di natura un
obbligo d'istruzione e non vi fosse stata nessuna autorità che l'inculcasse. Il vero è
che lo Stato moderno liberale, nato dalla rivoluzione [...], si è arrogato un
preteso diritto di imporre direttamente siffatto obbligo, non solo senza riguardo
al diritto di natura, ma a questo sostituendo se stesso" (14).
Secondo il diritto naturale, ricorda il saggista, "[...] lo Stato può e deve
conseguire il fine secondario della prosperità pubblica nell'istruzione, senza violare il
diritto paterno, usando del suo diritto e azione indiretta, cioè incoraggiando e
stimolando le libere iniziative private, favorendo le associazioni insegnanti, ecc."
(15).
3. La Riforma Gentile
Sulle successive e importanti riforme scolastiche, operate dal gruppo di filosofi
idealisti facente capo al ministro Giovanni Gentile (1875-1944) - e a torto identificate
con il solo regio decreto n. 1054 del 1923 relativo alla scuola secondaria - il padre
gesuita esprime il seguente giudizio: "La riforma scolastica del ministro Gentile [...]
attua in qualche parte il principio della libertà d'insegnamento. Essa cioè riconosce
alla scuola privata, espressione più diretta del diritto educativo della famiglia,
qualche parità di condizioni con la scuola pubblica - non tutta quella che le spetta [...].Inoltre [...] restringe il numero delle scuole dello Stato e il numero degli
alunni che vi possono essere ammessi"
(16). Mentre raccomanda di non cedere a un incauto
ottimismo - "Non ci illudiamo su un troppo favorevole avvenire. Gli Stati moderni
accrescono, anzichè diminuirle, le loro pretensioni di vigilanza e di monopolio più o
meno larvato su ogni fatta d'insegnamento" (17) -, suggerisce alcune direttive per l'azione: "A
future prepotenze legislative, ed anche alle eccessive esigenze presenti delle autorità
dello Stato, è inutile opporre sterili lamenti; bisogna dar mano all'opera e andare un
passo innanzi affine di sventare le macchinazioni del laicismo che mai non disarma" (18).
In un altro articolo osserva: "Sino dagli inizi del regno italico, sorto dal
liberalismo, come tutti gli stati moderni, erano stati sovvertiti i due principi
fondamentali della scuola: il principio etico-educativo dell'autorità e missione
educativa paterna, naturale della famiglia, soprannaturale della Chiesa [...].
"[...] All'altro principio dell'unitàdidattica dell'insegnamento e
negli insegnanti, si sostituì la molteplicità contemporanea delle materie e dei maestri,
e quindi si ebbe l'enciclopedismo superficiale e disgregatore" (19). Fa quindi notare che la
Riforma Gentile - che rappresentava un miglioramento, se paragonata alla legislazione
persecutoria del periodo "liberale" (20) - non consiste nel "[...] semplice
ritorno alla legge Casati [...].
"[...] [perché] nei nuovi programmi si dice chiaramente". Alla
religione, che la legge considera fondamento e coronamento degli studi elementari, si
fa un posto notevole in molti insegnamenti"" (21). Poi - pur denunciando che il "[...]
principio al quale si ispira la riforma è il principio hegeliano dello Stato
panteista" (22) - segnala che "[...] questi scopi, o intenzioni, sono estrinseci
al fatto, quale è voluto dalla legge" (23). E conclude raccomandando: "Accettiamo il
fatto, e non curiamo le intenzioni, quando queste non alterano né il fatto né i principi
sui quali esso si regge" (24).
4. La "Carta della Scuola"
Il Concordato stipulato l'11 febbraio 1929 fra lo Stato italiano e la Santa Sede - che dà
soluzione giuridica alla Questione Romana, ma non risolve il problema dell'estraneità
culturale del popolo cattolico rispetto alla struttura politica nata dal Risorgimento,
quindi della loro conflittualità latente -, non fa mutare il giudizio di padre Barbera
sulla Riforma Gentile
(25), che lo ripropone quasi alla lettera nei confronti delle XXIX Dichiarazioni -
più note come Carta della Scuola -, presentate dal ministro dell'Educazione
Nazionale Giuseppe Bottai (1895-1959) e approvate dal Gran Consiglio del Fascismo il 15
febbraio 1939. Così si apre, infatti, la valutazione della nuova riforma: "È
opportuno rilevare, sin dal principio, che, nella Carta della Scuola, alla famiglia
è riconosciuta importanza primaria (benché non esplicitamente tutto il primato che le
compete) rispetto alla scuola [...].
"Queste parole valgano ad interpretare meglio la settima dichiarazione, nel retto
senso: quanto a responsabilità educativa, morale e religiosa, non i parenti dalla scuola,
ma la scuola dai parenti deve prendere norma" (26). L'analisi del documento, giudicato alla luce del
diritto naturale, prosegue con altri due ampi studi (27), nei quali segnala i punti condivisibili,
interpreta quelli ambigui, denuncia le parti che non possono essere condivise.
Durante la seconda guerra mondiale, quasi presagendo la caduta del fascismo e la difficile
"ricostruzione" post-bellica, padre Barbera riprende la trattazione dei
princìpi fondamentali della libertà di educazione in alcuni articoli dal titolo
eloquente: nel 1944 scrive I principii educativi e la retta formazione sociale (28) e A chi spetta il
diritto educativo (29), nel 1945 Rinnovamento della scuola nella libertà (30)
e Liberalismo illiberale e
democrazia non democratica (31).
5. Il secondo dopoguerra
Dopo l'insediamento dell'Assemblea Costituente, compiuto il 25 giugno 1946, padre Barbera
interviene ripetutamente nella discussione sulla libertà scolastica e sulla scuola
cattolica, confutando la tesi di laicisti e di marxisti secondo cui l'insegnamento
religioso non rispetterebbe la libertà di coscienza del fanciullo
(32). Allo scopo, ricorda che, pur prescindendo
"[...] dal principio universale del diritto educativo naturale e inalienabile dei
genitori [...] e dal diritto di chi possiede la verità di comunicarla a chi non la
possiede [...]", "Se fosse valevole questo principio astratto, nella
pratica sarebbe impossibile qualsiasi insegnamento" (33). Ricorda quindi che "[...] ben altro di
più vogliono effettivamente le famiglie italiane: una scuola interamente cattolica, non
solo nell'istruzione religiosa, ma nello spirito di tutto l'ordinamento scolastico, com'è
loro diritto, poichè tutte contribuiscono, con il pagamento delle comuni tasse, alle
scuole dello Stato". E denuncia, infine, la politica delle forze laiciste, che
intendono "[...] continuare l'asservimento delle nostre scuole alle più
minute, quanto pedantesche prescrizioni, ed ai pesi fiscali impostici durante il regime
passato. Noi riconosciamo bensì un equo e moderato controllo dello Stato quanto al
riconoscimento legale o parificazione, ma non possiamo né dobbiamo tollerare il
soffocamento della legittima libertà pedagogica e didattica. Non tolleriamo poi
assolutamente che la scuola dello Stato, come la scuola di tutti, la scuola alla quale
contribuiamo con le tasse comuni, sia infeudata ad uso e consumo esclusivo di un'infima e
trascurabilissima minoranza, pur sufficientemente garantita nella sua "libertà
di coscienza" ... laicista" (34).
La battaglia sarà purtroppo perduta, soprattutto per il tradimento dei rappresentanti
della Democrazia Cristiana, come anche padre Barbera - impegnato nella costituzione della
FIDAE, la Federazione degli Istituti (educativi) Dipendenti dalla Autorità Ecclesiastica
- avrà modo di constatare in occasione di una fredda risposta dell'on. Alcide De Gasperi
(1881-1954), presidente del Consiglio, a un suo realistico suggerimento per aggirare
l'ostacolo dei dibattiti all'Assemblea Costituente (35).
L'ultimo articolo del padre gesuita è sulla prima Conferenza generale dell'UNESCO,
l'United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, che si tiene a Parigi
il 4 novembre 1946. Intuendo di trovarsi di fronte alla "[...] più vasta e
comprensiva opera internazionale del mondo laico" (36), il religioso rileva anzitutto che "[...]
nella Conferenza si sono fatti sentire influssi marxisti, massonici e scientisti" (37), ma che, "[...]
non ostante le diverse influenze, non si può dire che l'Unesco sia
anticristiano: vi manca però qualche cosa di più positivo, che possa contribuire ad un
risorgimento dell'idea di cristianità, che affratelli i popoli" (38). E, comunque, conclude: "Il
nostro timore è di vedere che un organismo come l'Unesco voglia imporre, forse
senza darsene conto, sotto il generoso pretesto di estirpare dal cuore e dalla mente dei
popoli "la ignoranza e il pregiudizio", delle forme standardizzate di
cultura al genere umano" (39).
David Botti
13 maggio 1998
LXXXI anniversario delle apparizioni della Beata Vergine a Fatima
Per approfondire:
del padre gesuita vedi Libertà d'insegnamento. Principî e
proposte, La Civiltà Cattolica, Roma 1919; Il buono e il cattivo della Riforma
Gentile, F.I.U.C., Roma 1925; e Educazione e salvezza sociale, La Civiltà
Cattolica, Roma 1945; su di lui vedipadre Domenico Mondrone S.J., Il Padre
Mario Barbera D.C.D.G., in La Civiltà Cattolica, anno 98, n. 2338, 15-11-1947,
pp. 343-349.
NOTE.
Le notizie biografiche sono tratte Il Padre Mario Barbera D.C.D.G. (in La
Civiltà Cattolica, del 15-11-1947, vol. IV, pp. 343-349) e dalla Voce redatta
da S. Bucci per l'Enciclopedia Pedagogica (diretta da Mauro Laeng, vol. I, Brescia
1994, pp. 1470-1471), che è tuttavia soltanto una sintesi del primo articolo menzionato.
Numerose anche le pubblicazioni del padre Barbera, anche se a volte consistenti in
semplici riproduzioni di studi apparsi su La Civiltà Cattolica. Opere a carattere
polemico-educativo: Scuola laica, Befani, Roma, 1911; I convitti nazionali in
Italia e la fiducia delle famiglie, La Civiltà Cattolica, 1915 (J VAR 13013 - pp.
32); Libertà d'insegnamento. Principi e proposte, La Civiltà Cattolica, 1919; Intorno
all'ordinamento degli studi nel Ginnasio e Liceo nei Seminari, secondo le recenti
disposizioni..., La Civiltà Cattolica, 1921 (M VAR 5912 - pp. 43); Il buono e il
cattivo della Riforma Gentile, F.I.U.C., Roma 1925 (J VAR 1692 - pp. 93); Educazione
e salvezza sociale, La Civiltà Cattolica, Roma 1945 (G COLL 121-10 - pp. 186). Opere
a carattere pedagogico-educativo: Coeducazione e scuola mista, La Civiltà
Cattolica, 1914 (J VAR 13012 - pp. 48); Il cinematografo in relazione con la pubblica
moralità, La Civiltà Cattolica, 1915; Lo studio della lingua latina nella scuola
classica, La Civiltà Cattolica, 1924; Le "Case dei bambini" e il metodo
Montessori, La Civiltà Cattolica, 1927 (J VAR 1693 - pp. 54); Catholic Foundations
in Secular Universities, Woodstock 1927; La questione delle fondazioni cattoliche,
s.e., Roma 1927; Educating the Child at Home, St. Paul, Wanderer, 1931; Gesù
adolescente nella educazione giovanile, La Civiltà Cattolica, 1932; San Giovanni
Bosco educatore, S.E.I., Torino 1942; L'educazione nuova e il metodo Montessori,
Ancora, Milano 1946; Ortogenesi e biotipologia. Esposizione e commento delle teorie del
prof. Nicola Pende, La Civiltà Cattolica, Roma 1943 (N VAR 13130 - pp. 27); La
Serva di Dio Maria Ward, Ist. S. Gaetano, Vicenza 1946. Il contributo scientifico da
molti riconosciuto come il più importante, quando non come avvenimento
"storico", è tuttavia l'opera La "Ratio Studiorum", Padova,
Cedam 1942.
Cfr. Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, Le figure
rappresentative, III/2,Marietti, Casale Monferrato (AL) 1984.
Ad es. in "Funzione educativa" e "carattere etico" dello Stato,
La Civiltà Cattolica, 1922, vol. III fascicoli del 15-7-1922 e del 27-7-1922. Per
Le Play, vedasi ad esempio Libertà domestica e neutralità scolastica, in La
Civiltà Cattolica, 1911, vol. IV.
Cfr. ad esempio Scuola popolare e libertà d'insegnamento,una serie di
quattro articoli che - apparsi sulla rivista nel 1912 - lungi dall'essere ispirati da
spirito comparativistico, espongono la condizione delle istituzioni scolastiche
occidentali.
Cfr. ad es. Giovanni Ludovico Vives e la pedagogia dei gesuiti (I); 1923- vol. 1;
Giovanni Ludovico Vives e la pedagogia dei gesuiti (II); 1923- vol. 1; La missione
educatrice del collegio (I); 1940- vol. 1; La missione educatrice del collegio (II); 1940-
vol. 1; L'ideale della formazione umanistica secondo la "Ratio studiorum"; 1940-
vol. 2; Particolarità pedagogiche della "Ratio studiorum"; 1940- vol. 2;
Esercitazione letterarie nella Ratio Studiorum; 1940- vol. 3; Ciò che la scuola
umanistica antica può insegnare alla scuola d'oggi; 1941- vol. 1; "Ne ignorata
damnetur". A proposito di un recente volgarizzamento della "Ratio
studiorum"; 1943- vol. 2; Efficacia dell'educazione; 1944- vol. 2; "Dai
collegi uscì la Rivoluzione"?; 1944- vol. 3; Rinnovamento umanistico delle
scuole medie; 1945- vol. 1; Malintesi sulla scuola classico-umanistica; 1945-
vol. 3; L'educazione nei convitti della Compagnia di Gesù; 1946- vol. 3. Persino
Rita Calderini lo cita in merito all'insegnamento del latino (L'insegnamento del latino
in Italia dalla riforma Bottai alla riforma Gui. 1938-1963, CNADSI, Roma-Milano 1966,
p. 37 e 50).
L'opera di p. Barbera è solitamente ignorata o quantomeno travisata. Valga come esempio
l'azionista Tina Tomasi (La scuola italiana dalla dittatura alla repubblica. 1943-1948,
Editori Riuniti, Roma 1976, p. 145, p. 147 p. 148), che ne ignora l'influenza in una breve
e acida nota biografica; ne contesta sommariamente la critica al liberalismo (cita
l'articolo I principi educativi e la retta formazione sociale del 1946 vol. IV); ne
definisce banalmente le posizioni come intransigenti (in riferimento all'articolo Lo
spirito di tolleranza nell'insegnamento cattolico del 1946 vol. III). Ne segnala le
posizioni come favorevoli all'espansione delle scuole confessionali, mentre il Barbera fu
uno dei promotori della Fidae, se non l'ideatore, riferendosi ad un un articolo apparso su
Docete, bollettino della Fidae, del marzo 1946, titolato Le nostre
rivendicazioni in ordine alla libertà della scuola (Idem, Scuola e pedagogia in
Italia. 1948-1960, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 29).
L'identificazione dell'autore degli articoli a tema educativo con p. Barbera è
generale, come si evince dalle note di questa voce e specialmente dal citato
articolo della Civiltà Cattolica del 15-11-1947.
Anche il post-comunista Angelo Semeraro individua un mutamento delle posizioni
cattoliche dovuto al "post Opera dei Congressi", citando p. Barbera come
esempio di tali posizioni; ne riporta inoltre le posizioni relativamente alla Riforma
Bottai (in Il sistema scolastico italiano, La Nuova Italia Scientifica, Firenze,
1996, pp. 55-56 e 72-73).
T. Tomasi, Massoneria e scuola dall'unità ai nostri giorni, Vallecchi, Firenze
1980, p. 153 e 187.
Il disegno di legge Daneo-Credaro e la Direzione generale dell'Azione Cattolica Italiana
,
in La Civiltà Cattolica, 1911, vol. I, p. 615.
Di un'agitazione nazionale per la libertà della scuola,
in La Civiltà Cattolica,
1911, vol. IV fascicolo dell'8-11-1911 p. 402, continuato nel fascicolo del 24-11-1911.
Riportato da Giuseppe Tognon, Benedetto Croce alla Minerva. La politica scolastica
italiana tra Caporetto e la marcia su Roma, La Scuola, Brescia 1990("i
popolari suoi unici sostenitori in Parlamento", nota nella Introduzione).
Il riferimento può far acquistare il senso di condivisione continuata nella politica
scolastica idealistica, anche in considerazione della documentazione riprodotta dal
Tognon, secondo cui il gruppo dei filosofi idealisti - ed in particolare Croce e Gentile -
condivisero i medesimi ideali educativi ben oltre alla spaccatura dell'attualismo e il
varo della Riforma del 1923.
L'istruzione obbligatoria
, in La Civiltà Cattolica, 7-10-1921, vol. IV, p.
137 (i riferimenti al Disegno di Legge "Croce" sono in nota a p. 149). E così
prosegue, sviluppando poi una confutazione straordinaria ed attualissima: "Si è
venuto così formando tutto un castello giuridico suppostizio, che attribuisce allo Stato
una pretesa funzione educativa superiore a qualsiasi diritto e funzione paterna,
sia naturale, qual è quella dei genitori, sia soprannaturale, qual è quella della
Chiesa. Indi l'invasione dello Stato nel terreno dei diritti paterni con l'opera
tenacemente e subdolamente progressiva a tal punto che gli stessi interessati non si
accorgono quasi più dello spogliamento sofferto di un diritto primordiale ed inalienabile
[...]. Arrivano, cioè, sino alla concezione pratica, se non teorica, dello Stato
moderno, che si proclama che si proclama e comporta come fonte assoluta ed indipendente di
ogni diritto, del dio-Stato, chiamisi esso "patria" dai nazionalisti, o
"internazionale" dai socialisti, al quale tutto deve essere ordinato e
sacrificato". I laici Giorgio Canestri e Giuseppe Ricuperati, riportano un'ampia
parte di un articolo del 1918 sullo stesso argomento - Libertà d'insegnamento e scuola
di Stato secondo il prof. Gentile - in La scuola in Italia dalla legge Casati a
oggi, Loescher Editore, Torino 1976, p. 129-130.
L'istruzione obbligatoria
, op. cit.
La riforma scolastica e nuove esigenze di coltura
, in La Civiltà Cattolica,
1923, vol. IV, p. 428. Sullo stesso tema vedansi pure Il senatore Gentile e gli
"allarmi della Civiltà Cattolica", 1926- vol. IV; L' "esame
di Stato", la "maturità" ed altre questioni scolastiche presenti,1927-
vol. IV.
Ibid.
P. 438.
Ibidem.
La nuova riforma scolastica
, in La Civiltà Cattolica, 1924, vol. I,
fascicolo del 21-2-1924 (continuato nel fascicolo del 7-3-1924), pp. 387-388.
Il deweyano Lamberto Borghi, associa banalmente la posizione della Chiesa Cattolica a
quella del fascismo traendo spunto dall'articolo del p. Barbera del 2-12-1938 sulle
riforma scolastiche ed universitarie della Spagna, nonchè da quello relativo alla Carta
della Scuola del 19-10-1940 (in Educazione e autorità nell'Italia moderna, La
Nuova Italia, Firenza, 1975, I ristampa anastatica del volume del 1951, pp. 293 e 309).
La nuova riforma scolastica
, in La Civiltà Cattolica, 1924, vol. I,
fascicolo del 21-2-1924 (continuato nel fascicolo del 7-3-1924), p. 387.
Ibid.
p. 390.
Ibid.
p. 387.
Ibid.
p. 387.
Anche la maggior storica dell'educazione comunista, Dina Bertoni Jovine, in riferimento
al commento alla "Carta della Scuola", sostiene che "Il padre M. Barbera
che per primo commentò la Carta sulla Civiltà Cattolica con due articoli nei numeri del
4 e del 18 marzo 1939, mettendo in risalto i punti considerati positivi, non mancò di
sottolineare la accentuata burocratizzazione scolastica derivante dalla XXVI
Dichiarazione, svelandone la mira segreta [andarsela a leggere]" (in La scuola
italiana dal 1870 ai nostri giorni, Editori Riuniti - Roma 1967 - II ediz. III
ristampa: settembre 1975, p. 387).
La "Carta della Scuola"
, in La Civiltà Cattolica, 1939, vol. I, p.
498.
La "Carta della Scuola"
(II), in La Civiltà Cattolica, 1939, vol.
II; Dalla riforma Gentile alla Carta della Scuola, in La Civiltà Cattolica,
1941, vol. IV.
I principii educativi e la retta formazione sociale
, in La Civiltà Cattolica,
1944, vol. I, pp. 137-144.
A chi spetta il diritto educativo
, in La Civiltà Cattolica, 1944, vol. II,
p. 150-161.
Rinnovamento della scuola nella libertà
, in La Civiltà Cattolica, 1945,
vol. I, pp. 209-218. Cfr. pure il precedente Svolgimento della scuola nella libertà,
1944, vol. IV,
Liberalismo illiberale e democrazia non democratica
, in La Civiltà Cattolica,
1945, vol. II, pp. 56-60.
L'insegnamento religioso nelle scuole dello Stato alla prova dei fatti
, in La
Civiltà Cattolica, 1946, vol. 4, 30-11-1946: "[...] e con ciò praticamente
riconoscete la falsità del concetto vostro della 'libertà di coscienza'. Il cui vero
concetto sta in ciò che l'uomo è bensì libero di fare o non fare il bene, di evitare o
non evitare il male, ma non che non gli si possa e debba insegnare la norma del bene e del
male, sin dalla prima fanciulezza" (p. 353). "Certamente un'ora
settimanale di religione non è gran cosa. Ci vuole ben altro perchè la scuola
corrisponda alle imprescindibili esigenze della educazione dei giovani [...]. in ogni modo
è almeno un pegno di concordia civile ed un aureo legame con la tradizione nazionale e
con la quasi totalità delle famiglie. Togliere quest'ora di religione dalla scuola
secondaria sarebbe un affronto al popolo italiano, spezzarne l'unità morale massimamente
fondata sull'unità religiosa, suscitare la guerra religiosa e in ultima analisi la
persecuzione religiosa, come quando si accanivano le lotte nei municipi contro
l'insegnamento religioso nella scuola primaria non ostante la volontà delle famiglie, e
quando un deputato socialista menava grande scalpore e denunciava inorridito alla Camera
una maestra, perchè nella scuola aveva osato far recitare la preghiera ai bambini tutti
cattolici! E tuttavia ben altro di più vogliono effettivamente le famiglie italiane: una
scuola interamente cattolica, non solo nell'istruzione religiosa, ma nello spirito di
tutto l'ordinamento scolastico" (p. 354). "Or perchè far servire alle
ideologie di pochi (e particolarmente alla scristianizzazione progressiva dell'intero
popolo italiano) la scuola statale, dal momento che gli Italiani dimostrano di non volerne
affatto sapere di scuola senza religione per i loro figli?" (p. 355).
L'insegnamento religioso nelle scuole dello Stato alla prova dei fatti
, in La
Civiltà Cattolica, 1946, vol. 4, 30-11-1946, p. 353 e 355. "Ma il vero
cavallo di battaglia degli ideologi astratti è che l'insegnamento religioso non
rispetterebbe la libertà di coscienza del fanciullo. se non fosse tragica bisognerebbe
dirla cosa estremamente ridicola, che fosse proprio necessario al genere umano aspettare
sino al secolo vigesimo, per scoprire che non è lecito ai genitori dirigere l'educazione
dei loro figli, che è un delitto di lesa libertà di coscienza, il dire ai propri
marmocchi: 'questo non si fa; così invece di deve fare dai fanciulli buoni e bene
educati' " (p. 353); "Del resto, facciasi pure il censimento nel clima
della cosiddetta libertà, e se ne vedrà press'a poco il medesimo risultato" (p.
350); "Non basta, perchè non si può disgiungere dall'istruzione l'educazione e
non si può dare educazione senza religione" (p. 352); "La scuola senza
religione è praticamente irreligiosa" (p. 352); "E questo fatto deve bastare in
regime democratico: contraddicendolo, i pochi ideologi si dimostrano antidemocratici e
anzi tirannici" (p. 352).
L'insegnamento religioso nelle scuole dello Stato alla prova dei fatti
, in La
Civiltà Cattolica, 1946, vol. 4, 30-11-1946, p. 354 e 355.
Cfr. Giorgio Chiosso, I cattolici e la scuola dalla Costituente al centro-sinistra,
La Scuola, Brescia 1988, pp. 53 e nota a p. 200 nella quale si rimanda all'originale della
lettera del p. Barbera del 10-2-1947 conservata nell'Archivio Civiltà Cattolica (Roma),
Fondo Barbera. La risposta dell'On. De Gasperi (14-2-47) è conservata nello stesso
archivio. Nei primi mesi del 1947 la scuola suscita un notevole scontro all'interno della
Costituente, che comunque riuscirà - il 30-4-47 -, a dare stesura definitiva agli attuali
artt. 33 e 34 della Costituzione. La Costituzione verrà quindi approvata il 22-12-47.
Maggiore comprensione tra le nazioni? l'U.N.E.S.C.O.
, in La Civiltà Cattolica,
vol. 2, 10-5-1947, p. 298
Maggiore comprensione tra le nazioni? l'U.N.E.S.C.O.
, in La Civiltà Cattolica,
vol. 2, 10-5-1947, p. 295.
Maggiore comprensione tra le nazioni? l'U.N.E.S.C.O.
, in La Civiltà Cattolica,
vol. 2, 10-5-1947, p. 296.
Maggiore comprensione tra le nazioni? l'U.N.E.S.C.O.
, in La Civiltà Cattolica,
vol. 2, 10-5-1947, citando altri, p. 298. Segnala inoltre il pensiero del filosofo
cattolico Etienne Gilson secondo cui "Questa conferenza di uomini di scienza e di
artisti è in realtà sotto la dittatura dell'amministrazione, della diplomazia e, ci sia
permesso di aggiungere, della politica internazionale" (p. 298).