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Così la Polonia cristiana fermò Lenin
Tra il 14 e il 16 agosto di 75 anni fa le truppe polacche guidate dal maresciallo Pilsudski riescono a respingere 1'Armata sovietica proiettata verso Ovest. Mosca voleva ancora "esportare" la rivoluzione con le armi.
E' "il miracolo della Vistola".
Ecco la sua storia.

 

L'IMPERO socialcomunista è in via di liquidazione dal punto di vista statuale e di consistente trasformazione da quello culturale; di questa liquidazione anche l'opinione meno sensibile ai valori religiosi è disponibile ad attribuire parte del merito alla nazione polacca e al "Papa polacco", il Sommo Pontefice Giovanni Paolo Il, cioè a considerarla frutto di una lenta ma inesorabile erosione del sia pur minimo consenso sociale del regime instaurato in questo paese all'ombra dell'Armata Rossa nel 1945, un'erosione accompagnata dalla conservazione e dall'alimentazione del corpo sociale con valori naturali e cristiani.

Con la liquidazione dell'impero socialcomunista nella sua incarnazione statuale è in via di conclusione, sotto i nostri occhi, la "terza guerra mondiale", così da poter dire, con Furio Colombo, che stiamo vivendo "il terzo dopoguerra".

Il protagonismo riconosciuto della nazione polacca in questa terza guerra mondiale accresce anche l'interesse per la storia polacca, cioè per le premesse della situazione attuale; e, visitando questa storia, si scopre che vi è già stato un altro dopoguerra -- quello seguente la Grande Guerra -, in cui la nazione polacca ha avuto una parte tutt'altro che insignificante, benché quasi completamente ignorata. A tale dopoguerra è dedicata questa ricerca - ricostruzione, interpretazione e documentazione -, volta a illuminare il passato, ma intesa pure - confessatamente - a essere utile anche quanto al presente e al futuro, prossimo e remoto.

 

Lo "scaltro sfruttatore"

Il 1 maggio 1917, Papa Benedetto XV, salito sulla Cattedra di Pietro poco dopo l'esplosione del conflitto, lo qualifica come "il suicidio dell'Europa civile" e nota che le "devastazioni morali della guerra" vengono "[...] scaltramente sfruttate da chi spia le sventure e le obiezioni, per volgerle a profitto della irreligione e dell'abbrutimento sociale". E appunto Vladimir Ilyc Lenin si candida come "scaltro sfruttatore" delle "devastazioni morali della guerra" con un articolo pubblicato sulla Pravda del 2 luglio 1918, nel quale esalta come "profezia scientifica" un testo di Friedrich Engels del 15 dicembre 1887 - più un programma che una "profezia", per quanto "scientifica" -, in cui si osserva che "infine non è possibile altra guerra per la Prussia-Germania che una guerra mondiale, e in verità una guerra mondiale di una ampiezza e di una violenza finora mai viste", al cui termine vi sarà "[...] soltanto un risultato assolutamente certo: l'esaurimento generale e lo creazione delle condizioni per la vittoria definitiva della classe operaia".

Con una "situazione geopolitica molto difficile" come pure con "Una storia molto difficile, specialmente nell'arco degli ultimi secoli" - le notazioni sono di Papa Giovanni Paolo II - "[...] dall'anno 1918 [...] la Polonia come Stato sovrano si ritrovò sulla carta dell'Europa", dalla quale era scomparsa dopo le tre spartizioni, avvenute a opera dei tre imperi confinanti, quello russo, quello germanico e quello austro-ungarico, fra il 1772 e il 1795. Ma "il ritorno della Repubblica alla vita dopo una schiavitù di più di un secolo - scrive lo storico polacco Oskar Halecki - fu il primo atto di un dramma, non ancora concluso, che la Polonia moderna vive pienamente consapevole dell'importanza storica di esso e con incrollabile fede di un esito felice". Il rinato Stato polacco infatti venne considerato dalla diplomazia europea come "un errore di produzione", una conseguenza non gradita, se non assolutamente "non prevista". Se il Trattato di Versailles, del 28 giugno 1919, ne fissava a grandi linee le frontiere occidentali, secondo il tenore dell' articolo 87 rimanevano da definire quelle orientali, verso la Russia bolscevica, forse -- come non ipotizzarlo? - per lasciare aperta la possibilità di eliminare la "conseguenza non gradita".

Proprio a questo fine - nella prospettiva strategica del Weltoktober, dell'"Ottobre mondiale", che apre la via alla Weltrevolution, alla "Rivoluzione mondiale" - il maresciallo sovietico Michajl Nikolaevic Tuchacevskij, in un ordine del giorno del 2 luglio 1920 diretto alle forze dell'Armata Rossa sul Fronte Occidentale e intitolato Verso Occidente!, proclama che "è giunto il momento della resa dei conti. L 'esercito della Bandiera Rossa e l'esercito dell'Aquila Bianca predatrice stanno l'uno di fronte all'altro in uno scontro mortale. La via della conflagrazione mondiale passa sul cadavere della Polonia Bianca".

Il 19 febbraio 1919 la dieta costituente polacca affida le funzioni di capo della rinata Repubblica a Iozef Pilsudski, che ha già guidato sul fronte russo le legioni polacche addestrate in territorio austro-ungarico; il 19 marzo 1920, su richiesta dei capi militari, lo stesso statista assume il grado di maresciallo. In questa veste lancia un esercito in Ucraina, costituito da polacchi e da ucraini comandati dall'atamano Simon Vasilovic Petljura, capo del governo della Repubblica Popolare d'Ucraina Indipendente; e questo esercito entra in Kiev il 7 maggio.

 

L'aggressione dell'Armata Rossa

L'Armata Rossa, che nel 1919 si era limitata a difendere le regioni vitali della Russia contro gli Eserciti Bianchi al comando del generale Anton Ivanovic Denikin, è ora in grado di concentrare i suoi sforzi sulla Polonia mentre a Varsavia non manca chi è già pronto ad acclamare un governo sovietico polacco. I polacchi e i loro alleati ucraini vengono respinti alle porte di Leopoli e di Varsavia, mentre sulla Bassa Vistola corpi di cavalleria sovietica, guidati da Ghaia Dmitriyevic Ghai Khan, premono verso Torun. L'indifferenza, quando non l'ostilità, dei governi occidentali è generale: se si esclude una missione interalleata di cui fa parte il generale Maxime Weygand, ogni aiuto viene rifiutato e quelli da tempo previsti vengono ostacolati o indirettamente da ondate di scioperi nei paesi da cui dovrebbero partire oppure direttamente dai governi stessi, come nel caso di quello cecoslovacco, la cui politica estera è guidata da Edvard Benes, che rifiuta il passaggio a truppe ungheresi che il reggente, ammiraglio Miklos Horthy di Nagybànya, vorrebbe inviare a sostegno dell'esercito polacco in difficoltà.

Il 24 luglio si costituisce in Polonia un governo di coalizione, di cui è primo ministro Wincenty Witos, leader del Partito Contadino Piast e più di cinquecentosettantamila coscritti, più di centosessantamila volontari sono inviati al fronte. A metà del mese di agosto del 1920- fra il 14 e il 16, ma è decisivo quanto accade il 15, nella solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria - il maresciallo Iozef Pilsudski lancia una controffensiva che, guidata dal generale Iozef Haller, ferma l'Armata Rossa davanti a Varsavia, mentre sulla Bassa Vistola il generale Wladyslaw Sikorski minaccia di isolare l'ala marciante dei bolscevichi, che battono in ritirata e firmano a Riga l'armistizio il 12 ottobre dello stesso anno e la pace il 18 marzo dell'anno seguente.

L'episodio bellico va sotto il nome di "miracolo della Vistola" - l'espressione è attribuita al generale Iozef Haller, che, prima dell'offensiva, aveva ordinato un ottavario di preghiere - per manifestare gratitudine verso la divina Provvidenza per un successo umanamente insperabile, e costituisce il momento più alto e quasi il coronamento della guerra sovietico-polacca, "[...] una delle pagine più gloriose nella storia della ricostituzione della Repubblica" polacca nonché "[...] un episodio importante per la storia in generale, perché - scrive ancora Oskar Halecki - questa guerra difensiva salvò non solo la Polonia da un annientamento che minacciava di avvenire subito dopo la riconquista della libertà, ma preservò l'Europa dal flagello del bolscevismo che se fosse venuta a mancare la resistenza polacca, avrebbe potuto unirsi ai moti rivoluzionari tedeschi e ungheresi". Nella stessa campagna merita di essere ricordata, accanto alla battaglia di Varsavia, l'eroica resistenza degli ucraini a Zamosc, preludio della disfatta della Cavalleria Rossa del maresciallo Semen Michajlovic Budenniyj.

 

Il coronamento della guerra

Circa la portata dell'accadimento, non mancano conferme dalla parte degli sconfitti, sia dopo che prima della sua realizzazione: Vladimir I. Lenin, conversando con i delegati francesi al II Congresso del Komintern chiuso a Mosca il 7 agosto 1920, afferma in modo categorico: "Sì, le truppe sovietiche sono a Varsavia. Fra poco avremo anche la Germania. Riconquisteremo l'Ungheria, e i Balcani si solleveranno contro il capitalismo. L'Italia tremerà. L'Europa borghese scricchiola da tutte le parti, in mezzo a questa tempesta"; nell'autunno dello stesso anno, invita la militante comunista tedesca Clara Zetkin a "[...]; non [...] ritornare su quanto è accaduto in Polonia": infatti - confessa - "noi abbiamo contato sullo Rivoluzione in Polonia, e questa non si è prodotta".

Nel mese di luglio del 1920, mentre l'Armata Rossa avanza minacciosamente fino alle porte di Varsavia, i vescovi polacchi indirizzano una lettera pastorale alla nazione e, dopo aver chiesto a Papa Benedetto XV la benedizione per la Polonia, inviano all'episcopato mondiale una lettera che colpisce per la puntualità e la chiaroveggenza e che anticipa con espressioni di grande efficacia quanto dovranno scrivere i vescovi spagnoli il 1° luglio 1937, dopo l'Alzamiento del 1936, dopo l'inizio della Cruzada che si protrarrà fino al 1939 e in seguito all'incomprensione di cui è fatta oggetto in tutto il mondo, cattolico non escluso. Alla supplica dell'episcopato polacco il Pontefice risponde con una lettera, datata 5 agosto 1920 e indirizzata al Cardinale Vicario; né il Santo Padre manca di felicitarsi, dopo la conclusione provvidenziale del dramma, con una nuova lettera, questa volta indirizzata a tutti i presuli polacchi, datata 8 settembre 1920, "nella festività della Natività della Beata Vergine Maria", documento in cui afferma il carattere straordinario dell'accadimento.

Dopo il "miracolo della Vistola" nasce di necessità e di fatto la riflessione socialcomunista sulle modalità di conquista del potere in paesi i cui popoli non sono soltanto società elementari - dominanti e dominati -- e in qualche modo statiche, ma sono segnate dalla dinamica della storia, cioè sono "nazioni", e caratterizzate da un'articolazione pluralistica, quindi sono "democrazie"; dunque si articola l'incarnazione culturale dell'impero socialcomunista. "In Oriente lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; nell'Occidente fra Stato e società civile c'è un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte": su questa constatazione di Antonio Gramsci si fonda la riflessione che vede all'avanguardia la Rivoluzione in Italia; riflessione che subirà un'accelerazione dopo la "lezione spagnola" del 1936-1939, e il cui frutto sarà sperimentato in Cile negli anni di Salvador Allende come "rivoluzione nella libertà" e conoscerà il suo apice come "eurocomunismo" nella politica italiana di "compromesso storico", arrestata nel 1979 dalla "lezione italiana", tutt'altro che insignificante per il decorso e per l'esito della Rivoluzione mondiale nell'intero mondo cattolico ma, soprattutto, in America Latina.

Il tempus meditandi et lugendi concesso dalla divina Provvidenza a quanto rimane della Cristianità, all'Europa cristiana, è rapidamente cancellato dalla memoria storica e, quindi, messo in condizioni di non esser fatto fruttare adeguatamente; e nel 1939, all'inizio della seconda guerra mondiale, scocca e l'ora della "vendetta" sul "miracolo della Vistola" e, con il patto Molotov-von Ribbentrop, vengono poste le premesse perché dell'antemurale polacco non rimanga pietra su pietra.

Anche il dopoguerra della terza guerra mondiale offre a tutti gli occidentali - in un certo senso a tutti gli uomini - un tempus meditandi et lugendi, un tempo per riflettere sulla domanda: anzitutto, che cosa hanno fatto gli europei del tempo che è stato loro dato dopo la Grande Guerra, attraverso la vittoria polacca, prima dell'irruzione del socialcomunismo in Europa e nel mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale? Quindi: che cosa stiamo facendo del tempo che ci viene concesso dopo l'implosione dell'impero socialcomunista, grazie anche alla resistenza polacca e all'opera del Papa polacco? In quest'ultimo caso, si tratta di un tempo in cui la promessa di Fatima - "Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà" - si presenta agli uomini come una mèta non solo da attendere e per cui pregare, ma al cui perseguimento e al cui raggiungimento collaborare attivamente. La mancanza di questa collaborazione umana, cioè la mancata utilizzazione efficace di questo tempo di riflessione e di conversione, apre però sull'eventualità che la punizione, in qualche modo sospesa, si realizzi e il giudizio abbia corso.

 

GIOVANNI CANTONI

 

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Il grido dei vescovi polacchi

Una traduzione parziale del testo della lettera dell'episcopato polacco all'episcopato mondiale è comparsa. all'epoca in La Civiltà cattolica, anno 71, vol. IV, n. 1688, 6-10-1920, pp. 93-96. nella rubrica Cronaca contemporanea. Questa presentazione serve per datare il documento, senza data, al luglio del 1920. I brani che seguono sono nuovamente tradotti dall'originale polacco, Biskupi polscy do Episkopatu swiata (I Vescovi polacchi all'episcopato mondiale), in Kronika Dyecezji Kujawsko-Kaliskiej (Cronaca della diocesi di Kujawy e di Kalisz), anno XIV, n. 8-9, agosto-settembre 1920, pp. 217-220.

 

I Vescovi polacchi all'episcopato mondiale:

[...] la Polonia non aveva intenzione di combattere; vi è stata costretta. Inoltre non combattiamo affatto con la nazione, ma piuttosto con coloro che hanno calpestato la Russia, che ne hanno succhiato il sangue e l'anima, aspirando a occupare nuove terre. Come uno sciame di cavallette che, dopo aver distrutto ogni segno di vita in un luogo, si sposta altrove, costretto dalla propria azione distruttrice a migrare; similmente ora il bolscevismo, "avvelenata" e saccheggiata la Russia, si volge minaccioso verso la Polonia.
[...] non siamo i soli ad essere minacciati. Per il nemico che ci combatte, la Polonia non è l'ultima mèta della sua marcia; è piuttosto una tappa e una piattaforma di lancio verso la conquista del mondo.
E l'espressione "conquista del mondo" non è per nulla troppo ardita.
Chi sa come il bolscevismo ha avvolto con una rete sovversiva, come un ragno, nazioni lontanissime dalla Russia, chi sa come l'Internazionale, diffusa ovunque, è di fatto il governo del mondo; chi conosce la psiche degli uomini che dirigono l'intera rete di cospirazione; chi conosce i loro metodi, gli slogan, gli scopi; chi conosce tutto questo potrà capire e giudicare l'esattezza e l'importanza dell'espressione da noi usata.
Il bolscevismo va effettivamente alla conquista del mondo. Gli uomini posti alla sua testa hanno già soggiogato il mondo con l'oro e con le banche; e oggi, spinti dal secolare desiderio imperialistico che scorre nelle loro vene, si accingono a sottomettere al loro dominio le nazioni direttamente e definitivamente.
[...] E oggi tutto è pronto per questa conquista del mondo. In tutti i paesi vi sono schiere già organizzate, che aspettano soltanto il segnale di battaglia; fervono i preparativi di continui scioperi, che dovranno paralizzare la vita normale di una data nazione. La discordia fra le diverse classi sociali si sta trasformando in un odio esasperato e influenze internazionali bloccano astutamente ogni giudizio e autodifesa della nazione.
La Polonia è l'ultima barriera posta sulla strada del bolscevismo verso la conquista del mondo: se dovesse crollare, il bolscevismo si spanderebbe nel mondo intero, con tutta la sua potenza distruttrice. E l'ondata, che oggi minaccia di invadere il mondo, è veramente terribile.
Infatti il bolscevismo è l'ultimo frutto di ogni tipo di principi negativi esistenti durante tutto il secolo precedente, che attentavano alla famiglia, all' educazione, all'ordinamento sociale, alla religione, e inoltre oggi colpiscono quella scienza fino a poco tempo fa da loro divinizzata. La differenza sta nel fatto che il bolscevismo ha aggiunto alla dottrina l'azione: mette in pratica i propri principi con assassini e sangue, con la dittatura e il dispotismo di individui. Oltre alla dottrina e all'azione, il bolscevismo porta nel suo petto un cuore pieno di odio.
E questo odio è rivolto soprattutto contro il cristianesimo, di cui è decisamente una negazione, si rivolge contro la croce di Cristo e contro la sua Chiesa. [...]
Il bolscevismo è proprio l'incarnazione e la manifestazione sulla terra dell' Anticristo.
Il suo spirito s'intravede dappertutto, e spinto dalla sua passione, giunge a profanare le chiese, a uccidere i sacerdoti, a massacrare tutta la popolazione cattolica, infierendo crudelmente e bestialmente su di essa.
Oggi, difendendo la Polonia, difendiamo tutto il mondo. Quando parliamo di noi, parliamo anche di Voi, Venerabili Fratelli. Insomma, parliamo dell'Europa e del mondo odierno. Anche se il mondo fosse indifferente alle sorti della Chiesa, della vita soprannaturale e dello spirito cristiano, non dovrebbe però essere indifferente alla distruzione che minaccia la sua cultura derivante dal cristianesimo. [...]

 

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Una preghiera per la vittoria
Nel mese di agosto del 1920, mentre l'Annata Rossa si spinge minacciosamente fino alle porte di Varsavia, il letterato e storico svizzero Gonzague de Reynold (1880-1970) coglie con straordinaria puntualità, nelle stesse ore in cui si svolge, i termini del dramma, descrivendo se non un atto certamente una scena di un dramma che ha un passato e un futuro. La comprensione del presente da parte dello storico e del politico cattolico sollecita il letterato e si fa subito preghiera in versi, poesia orante alla Madonna Nera di Czestochowa: e la petizione pare accolta - certo fra innumerevoli altre - con il "miracolo della Vistola".
Non è certo superfluo notare - a documentazione di che cos'è egemonia culturale - come questa espressione letteraria di una "gesta" non solo Polacca, ma dell'intera Cristianità europea, pubblicata per la prima volta nel 1924, non è mai stata edita in Italia; per contro, l'espressione letteraria della campagna dell'Annata Rossa, "L'armata a cavallo", dello scultore sovietico Isaak Emmanuilovic Babel, pubblicata nel 1926, è stata edita in Italia nel 1932 [sic], 1958, 1962, 1964, 1966, 1969, 1975, 1976, 1977, 1986 e 1994.

 

Preghiera alla Madonna Nera per il popolo polacco

Viva, dunque, Signore, e ci faccia vivere!

Stendi su di lui il tuo scettro, Imperatrice e Regina che trattieni il demonio infernale con la tua catena e posi il tuo piede nudo sulla sua gola di fuoco; Madre di carità, Vergine dal volto nero, inventrice di grazia e Signora di vittoria, su questo popolo in preghiera apri il tuo manto azzurro.
Dopo averlo fatto uscire dal sepolcro, Lazzaro, Dio lo vuole sottoporre alla sferza di questi barbari, l'ha risuscitato per farlo morire? Flagello, segno e similitudine della fine, ecco i cavalieri operatori di desolazione, che lasciano dietro di sé le nazioni marcire.
Mutano in catapecchia e in rovina le città, abbandonando ai cardi i campi più fertili, passano: l'estate nuda ha fame come l'inverno. A Settentrione ricaccia questa razza, abbassa la sua superbia, ferma la sua audacia e, salvando questo paese, salva anche l'universo.
Per mezzo di lui, l'ordine si oppone al disordine, egli combatte per la tua gloria e muore per la nostra causa, con il suo sangue riscrive le leggi della Città; ma per quanto ardore mena nel tenere le nostre mura, vincerà finalmente l'ultima battaglia, se, come i potenti, tu temi di assisterlo?
Il consiglio dei potenti lo biasima e lo abbandona, perché i forti del momento sono come la debolezza: parlano senza agire e si agitano senza vedere; come una Sinagoga aggrappata al suo asino, la mitra di follia oscillante sul capo, erra nella tenebra con una benda nera.
Liberti, sazi delle pubbliche miserie, tengono tanti discorsi e fanno tanti gesti, e si issano così in alto sulle spalle delle nostre paure, minacciosi adunatori di fulmine e di nubi, da imporre il loro regno ai nostri re senza coraggio e da dettare le loro leggi ai nostri legislatori.
Cecità, demenza e miseria degli uomini; l'angoscia e il bisogno ci cacciano da dove siamo, nessun braccio vuole costruire sul passato distrutto; l'uno insegue oro, l'altro idee, il vizio mette il suo muschio sulle anime degradate e il mondo va morendo in un'immensa noia.
Regina che poggi sulla mezzaluna, nell'azzurro, sostieni questo popolo: il suo valore abbrevi la notte i nostri incubi e i nostri terrori il giorno, e ridia coraggio alle gracili prudenze e renda alla ragione l'imperio e la potenza, all'ordine infine prepari un ritorno fastoso!
Rivedremo allora gli splendori ordinati, la costante fatica di quegli anni luminosi in cui la pace fece fiorire l'eccellenza delle arti: la loro semplicità calma e la loro grandezza tranquilla orneranno di palazzi e di templi le nostre città di cui le dieci leggi di Dio custodiranno i bastioni.

Gonzague de Reynold
Agosto 1920, al momento dell'offensiva sovietica in Polonia